La società dimentica e perdona, i figli non dimenticano, la coscienza non perdona.
Al mio cantuccio, donde non sento se non le reste brusir del grano il suon dell'ore viene col vento dal non veduto borgo montano
Il ricordo è poesia, e la poesia non è se non ricordo.
Il poco è molto a chi non ha che il poco
Noi mentre il mondo va per la sua strada, noi ci rodiamo, e in cuor dopio è l'affanno, e perché vada, e perché lento vada
Di quercia caduta ognuno viene a far legna. E tagliato l'albero, così grande e bello, perché hanno a sopravvivere i novelli?
Nella soffitta è solo, è nudo, muore. Stille su stille gemono dal tetto La notte cade, l'ombra si fa nera; egli va, desolato, in Paradiso
Chi prega è santo, ma chi fa, più santo
Il sogno è l'infinita ombra del Vero.
Al camino, ove scoppia la mortella tra la stipa, o ch'io sogno, o veglio teco: mangio teco radicchio e pimpinella
Giovanni Pascoli (1855 - 1912) è stato uno dei maggiori poeti italiani, fra i principali esponenti della letteratura italiana della seconda metà dell'Ottocento.
La sua poesia si distingue in particolare dalla presenza di versi endecasillabi, sonetti e terzine sviluppati in modo semplice.
Giovanni Pascoli ha dato vita a moltissime poesie (anche in latino), alcune delle quali raccolte in libri come Myricae.
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