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Cronaca di un blando razionalismo

Accasciato sul terreno erboso del proprio giardino, John continuava a disperarsi e a gemere come un bambino. In quei momenti truci la sua mente ripercorreva a ritroso tutti gli elementi catastrofici che lo avevano perseguitato negli ultimi tempi: la morte del padre sbranato da un dobermann, il suicidio della figlia e l’incidente domestico che lo aveva costretto all’amputazione di un braccio. E adesso quell’ultimo episodio sconvolgente: il tradimento della moglie.
No. Era troppo per lui sapere che la sua perla, l’unica persona cara che gli era rimasta, l’ultimo vero baluardo della sua tragica esistenza, lo aveva tradito con un transessuale. Ora non era rimasta persona al mondo di cui potesse fidarsi. Lo avevano abbandonato tutti.
Passarono due ore. Sua moglie Emily era rimasta in casa a giocare a baseball con il cane, inconsapevole che il marito aveva letto le lettere della sua nuova fiamma, Mario il trans, e che aveva anche scoperto, nell’ultimo cassetto del comò davanti al davanzale, le foto che la ritraevano in atteggiamenti intimi con il succitato transessuale.
Uscì di casa, era ora di cena, e così pensò di recarsi in giardino a vedere cosa stesse facendo il suo maritino, che non amava più. Ma serbando un sorrisino dolce, consapevole delle assicurazioni per le morti famigliari, vide John seduto sull’altalena, e gli disse: “Caro, ti preparo uno stufato all’albicocca, di quelli che ti piacciono tanto?”.
John aveva la testa china; nelle ultime due ore la sua mente confusa non gli aveva permesso di ammucchiare pensieri lucidi. Anzi, era in uno stato di completa alienazione mentale, tant’è che nei suoi occhi riecheggiavano le immagini del nonno che aveva imparato il dialetto peruviano a soli otto anni. Non avvertì nemmeno la domanda proferitagli da Emily. Quest’ultima si avvicinò all’altalena: “Caro, hai sentito cosa ti ho chiesto?”. Dopo una pausa di cinque secondi, con tono freddo e direi quasi glaciale, John, come se fosse appena tornato da un viaggio terroso e sognante in lande sperdute, esclamò: “Gabbiano.. tarpato le ali.. corvo.. adesso è vendetta!”.
Sbigottita, Emily rientrò in casa e si chiuse in un profondo silenzio.
Era vero: il cervello di John era andato in pappa definitivamente, lo shock era stato troppo forte. Ma c’era una luce. Una luce che improvvisamente lo aveva illuminato. La sua risposta, apparentemente confusa e oscura, in realtà fu il risultato di una immagine chiara che gli apparve davanti agli occhi: il racconto della “parabola del gabbiano” che il suo acculturatissimo nonno gli aveva narrato quando era piccolo.
Tale racconto descrive la parabola discendente di un docile gabbiano che in seguito a eventi criminosi e tragici provati sulla propria pelle, si trasforma in corvo e si vendica sulle persone che gli hanno tarpato le ali. Dopo una tale illuminazione gli divenne chiara l’unica, estrema azione che era ancora in grado di fare.
Scese in garage, con gli occhi iniettati di sangue, la bava alla bocca, con in mente solo un proposito: la vendetta.
Da un vecchio armadietto chiuso a chiave estrasse il bazooka che la madre morente gli lasciò come ultimo ricordo di sè e della sua partecipazione alla guerra nippo-coreana.
Poi, disfatta una valigia contenente un lanciafiamme che per lui, reduce del Vietnam, era uno scherzo maneggiare, e dopo aver indossato una mimetica militare e un paio di anfibi, si recò in giardino e si pose ad una distanza di trenta metri dalla propria villetta di tre piani.
Fece fuoco col bazooka quattro, cinque volte consecutivamente.
La casa saltò in aria in tanti pezzi. Era finita. Emily era morta.
“Quella maledetta sgualdrina ha avuto ciò che meritava!” penso fra sè e sè.
Ma poi gli balenò in testa un ultimo, sconvolgente pensiero: aveva ucciso anche Bobby, il suo cane, a cui era molto affezionato.
Di fronte ad un peso così gravoso non riuscì a far altro che puntare contro di sè il lanciafiamme e darsi fuoco.

 

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2 commenti:

  • Anonimo il 16/02/2011 13:29
    Una vera scalogna attorno alla personalità di John. Truce finale che, finalmente, è così diversa che non si nota in altri racconti tragici; quella descritta da Mauro è (stra)fantastica e geniale!