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Uno di questi giorni

Uno di questi giorni.
Lo diceva, lo ripeteva ogni volta che qualcosa andava storto, ogni volta che ciò che ella faceva non si risolveva come aveva programmato.
Uno di questi giorni incontrerò qualcuno.
Uno di questi giorni qualcuno capirà.
Uno di questi giorni riuscirò a essere felice.
Ma la vita procedeva ugualmente; ignara delle sue speranze e dei suoi progetti. Le regalava occasioni, questo si, non si può dire che di possibilità non ne abbia mai date, ma andava avanti, che lei le avesse sfruttate, o meno.
Ed ogni volta che doveva ripetere a se stessa che Uno di questi giorni…, solo per non sentirsi sconfitta, le rimaneva un velo amaro in gola, una sensazione di disgusto, come se i suoi organi avessero già accettato ciò che la sua mente rifiutava continuamente.
Che qualsiasi sfida accettasse, ne usciva sconfitta.

Ce ne era una, tra le mille sfide che si era posta, forse la più comune, quasi scontata, ma la più logorante, la più sfiancante.
Aveva un nome, come molti avranno intuito. A dispetto delle disgrazie, dei problemi, per quanto complessi e insopportabili, non c’è lotta più ardua che quella continua e quotidiana con le persone e il nostro cuore; con ciò che gli altri provano e quello che noi vorremmo che provassero.
Aveva un nome, che più degli altri le ricordava che era lontano, da lei e dalle sua mente; anche se spesso era stato vicino, forse troppo, al suo corpo.
Aveva avuto numerose occasioni per comprenderlo, ma aveva, sempre, miseramente, fallito.
Anche lui ne aveva avuto molte, di occasioni per capire cosa lei provasse, ma, forse, a dispetto delle apparenze(e questo era un dubbio che la logorava), non ci aveva mai veramente provato.
Sarebbe stato facile per lei scordarlo, ma lui aveva la rara capacità di spuntare dal nulla, di far capolino nella sua mente da ogni più singolare anfratto della sua esistenza.
Leggeva un giornale e c’era un articolo, una coincidenza senza dubbio, che parlava del suo lavoro.
Andava al ristorante e c’era una particolare pietanza che, guarda caso, aveva mangiato con lui.
Ora leggeva e, sempre per caso, il protagonista aveva il suo stesso identico nome.
Anche le strade, i cartelloni pubblicitari, i negozi, non le davano tregua. Sempre trovava qualcosa che le ricordava lui. Un po’ il suo nome, un po’ il suo singolare modo di fare o un po’ quel particolare episodio che avevano vissuto insieme.
Sempre a causa di quel maledetto, e decisamente poco simpatico, senso dell’umorismo del caso, del fato, del destino; o, se preferite, semplicemente per tante, troppe coincidenze.

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4 commenti:

  • nemo numan il 20/12/2008 08:28
    bellissima
  • Dennis Ditarott il 10/04/2008 20:34
    ... finché non ci si accorgerà che il proprio modo di vivere è giusto solo per chi lo possiede, ma sbagliato per il mondo che lo circonda. Sarà una lotta eterna, l'affermazione del proprio io contro la supremazia della realtà, che terminerà con una morte lenta e dolorosa, davanti alla quale l'istinto di autoconservazione imporrà una falsa noncuranza di sè e degli altri, in nome di una falsa sufficienza che ucciderà qualsiasi senso di autocritica ed autostima. Così morirà la fiducia. In tutto