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Indifferenza

Cammino lentamente, cercando di mostrare disinvoltura, quasi un ostento. Il bastone mi aiuta molto, ma penso che renda più difficile trovare, appunto, quella disinvoltura che cerco.
Fa molto caldo. Il sole è libero nel cielo. Sento sulla mia pelle il calore, quel calore che, mi dicono, promette luce e colore. Con me questa promessa non l'ha mai mantenuta. Mi sono sempre chiesto se il calore è sempre direttamente proporzionale alla luce. Mi hanno detto di no. "Dannazione!" ho pensato. Ero quasi arrivato a stabilire con certezza quando c'è il sole e quando no! Poi ho capito che sono solo in grado di dire quando il sole è libero nel cielo con sicurezza. E mi sono immaginato i raggi come tante mani. Scendono dall'alto e ti accarezzano, ti abbracciano e camminano con te, come portandoti a braccetto.
E così, con il sole al mio fianco mi incammino per i larghi marciapiedi.
Oggi c'è molto traffico. È quasi assordante, tanto che in alcuni momenti risulta difficile sentire il ticchettio del bastone sulla pietra. Nei momenti di quiete però sento anche il passo della gente. Ce n'è molta. Eppure è solo una percezione sonora di passi distanti, nessuno, da quando sono uscito di casa, mi ha a mala pena sfiorato. Sono riuscito ad identificare un meccanico, con la sua scia d'olio; due donne in carriera, con il loro profumo inebriante e il passo ritmato dal tacco; un teenager, con il suo timbro di sviluppo e le cuffiette. Ascolta i Greenday. Camminava a due metri da me; un muratore, con la sua lozione di calce e sudore; e qualche uomo d'affari: tutti con lo stesso dopobarba.
È buffo. Non li posso vedere. Ma ho la certezza che loro mi hanno visto tutti.
Sento sotto i miei ultimi due passi una leggera discesa. Ancora un passo, una battuta col bastone. Asfalto. Non mi sono mai avventurato in questa parte di città. Un rumoroso spostamento d'aria mi dice che davanti a me stanno passando delle macchine. Faccio mezzo passo indietro. Ho bisogno di stare ad ascoltare quello che accade. Sento la gente spostarsi di tanto in tanto vicino a me, ma le macchine una volta passano in una direzione, una volta in un'altra. Un semaforo. Spero sia dotato di segnale sonoro. Cerco la colonnina. Un rumore ferroso sul bastone. Troppo acuto, troppo pieno. Cerco ancora. Ferroso, rotondo, cavo. Eccola! Mi avvicino con la mano in cerca del pulsante. Solo uno. Premo e spero.
Aspetto.
Ancora.
Niente.
Da questa posizione non sento nemmeno la gente spostarsi. Tento di tornare dov'ero prima.
Qualcuno passa, qualcuno no. Non capisco.
Disinvoltura! Pazienza! Capirò prima o poi!
Arriva una voce. Non ne avevo sentito i passi, o comunque non li avevo considerati. La suola comunque è in gomma, la voce è da uomo, giovane, il profumo è neutro, niente di pungente o caratterizzante. Bilancio: ragazzo tra i venti e i trent'anni. La voce è tranquilla, disinvolta, non odiosamente compassionevole come quella di alcune signore con il loro "Le serve aiuto?".
"No!". Non ho bisogno di aiuto! Mi basta essere capito, e considerato. Non come un appestato con una malattia contagiosa, a cui camminare a un minimo di un metro e mezzo di distanza, ma come un uomo! Un uomo che non ci vede.
"Ora è verde, può passare!"
"Grazie!" Rispondo, regalando l'unica cosa che posso, da un uomo a un altro.

Un sorriso.

 

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2 commenti:

  • laila il 05/02/2013 22:10
    e' una verita' molto toccante ma espressa con naturalezza con grande coraggio e coscienza di aver accettato il buio nel sole. bravo laila
  • Michele Rotunno il 03/05/2011 19:56

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