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Kim e Borg - 6° parte

Tornato a casa con la barba lunga e l'umore nero Raf si fece abbracciare dalla madre perché era impossibile evitarlo, grugnì un saluto generalizzato, alzò un sopracciglio alla vista di Kim e, senza proferire verbo, si infilò nella doccia. Ci sono uomini che cambiano completamente a seconda che si trovino in giro per il mondo o in ambiente domestico e Kim, che quel giorno non era andata al mare per motivi femminili, stentò a riconoscerlo come il ragazzo che l'aveva colpita positivamente a Vienna.
Si era ritemprata, in quei giorni, e aveva avuto modo di conoscere e apprezzare l'allegra spensieratezza di Borg con cui, per via delle piccole avventure e disavventure marine e cittadine, era nata una sorta di complicità. Raf era stato la bella idea romantica del gigante intrepido e indipendente, un'idea non corrispondente alla realtà; Kim, che tra le sue doti aveva la lucidità, se ne rese conto quando lo vide delegare la madre a svuotargli il bagaglio pieno di panni sporchi da mettere in lavatrice: decise che non era il caso di farsi in quattro per preparare la Paulova.
Incominciò invece a farsi largo nella sua mente un progetto: voleva prolungare il suo soggiorno a Roma ma non poteva abusare dell'ospitalità di quella famiglia. Doveva cercare un lavoro e, al più presto possibile, trovare un'abitazione, magari una camera in subaffitto.
Si confidò con Borg e trovò in lui l'amico di cui aveva bisogno: insieme si misero a leggere e a cerchiare le offerte di lavoro sui quotidiani e su un giornale bisettimanale di annunci gratuiti: baby sitter, cameriera o shampista poco importava, l'importante era uscire dall'inerzia. Fu proprio Borg, che finalmente si era rasserenato di fronte al cuore libero di lei, a trovare qualcosa di decisamente interessante. Una scuola, per giunta del quartiere, cercava un'insegnante di inglese per delle ripetizioni estive.
Presentarsi ed essere assunta fu questione di poche ore: i suoi titoli non valevano, naturalmente, in Italia, ma la scuola era privata e il fatto di essere di madrelingua inglese era un fantastico passe-partout.
Incominciò a lavorare, con soddisfazione sua e degli studenti, e naturalmente del gestore che, in breve tempo, le propose un'assunzione come docente di classe per l'intero anno scolastico a partire da settembre. Kim prese del tempo per decidere: rimanere in Italia così a lungo era un'eventualità a cui non aveva pensato, anche se vi si trovava molto bene.
Appena intrapresa la sua nuova e per lei entusiasmante attività, aveva reso note coram populo le sue intenzioni di andare a vivere per conto proprio, ma la famiglia italiana che il destino le aveva messo sulla strada si era quasi offesa ed era stata, all'unanimità, irremovibile: "Ti trovi male, qui? Un piatto di pasta in più non ha mai rovinato nessuno, non ci dai nessun disturbo, anzi! Aspetta almeno di mettere da parte qualche soldo!". Avevano concordato che il trasferimento sarebbe avvenuto a settembre e dopo la firma del contratto che, di giorno in giorno, lei si convinceva sempre più essere un'ottima opportunità. L'unica che vedeva Kim come il fumo negli occhi era Patrizia, la mia fidanzata, che con lei era entrata in competizione tipicamente femminile, cioè immotivata, ma non viveva in famiglia e quindi non aveva voce in capitolo.

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