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L'ultimo dicembre

Il finestrino della macchina tirato giù due dita, a farmi prendere aria, come si fa coi cani.
Il sole, benchè debole e a tratti coperto dalle nuvole, scaglia raggi violenti, schiaffi per i miei occhi che quasi non vedono più niente. Occhi fasulli, di cartone, che ormai da tempo hanno deciso di non servirmi più, occhi stanchi di guardare, dopo aver guardato tanto, forse troppo. Occhi troppo abituati al mondo e dal mondo disincantati, occhi vitrei che di questa vita più nulla possono e vogliono vedere, già dirette, le pupille, a guardare quello che dopo questa vita verrà.
Io mi vedo però, seduto dietro, nello specchietto retrovisore.
Un'anima pesante, pesantissima, di cuore e di esperienza, stipata in 30 chili di corpo. Il tempo è stato una madre violenta e vorace, che tutto mi ha dato ma che poi tutto s'è ripreso, adesso financo la carne.
Il viso scarno, la pelle pendente che ricopre ossa fragili, una camicia bianca troppo grande che puzza di me, perchè i vecchi puzzano sempre, di ricordi e di solitudine, manine da bambino, oggi, manine che un tempo, sembra incredibile, erano mani grandi e forti, e buone, mani che accarezzavano, colpivano, acchiappavano, mani che sentivano, mani che scaldavano.
Ma era tanto tempo fa, quando il vino sapeva di vino e il pane di terra.
Tanto tempo, tanto tempo che la memoria ha fatica a ritornare.
Passa un giovane, uno dei tanti, uguale agli altri, nel vestire, nel camminare. Mi guarda con sufficienza e se ne va.
Cosa ne sai tu? Cosa ne sai tu, io mi chiedo.
Cosa ne sai del mio cuore, di ciò che ha sentito? Cosa ne sai degli alberi da frutta che ho coltivato, piccoli e indifesi e ora più forti di te? Cosa ne sai di quella Domenica di festa o della mia acqua di colonia? Cosa ne sai della fame e dell'arsura? Cosa ne sai di Maria?
Maria...
Maria, piccolo e tenero amore di un vita. Cosa starai pensando da lassù? Di me, chiuso in questa scatola di metallo, di tuo figlio, che mi ci ha recluso, intento com'è a distrecarsi nella sua vita, e che la vita tratta come fosse un'affare da portare a termine.
Lo avresti mai detto, amore mio?
Io che ti ti tiravo lassù, fino al cielo, dove adesso sei, e poi ti raccoglievo, ora non ho neanche più la forza di allacciare le strighe delle scarpe.
Lo avresti detto, amore mio, che il figlio che tanto abbiamo sperato e che col sangue abbiamo reso uomo, mi avrebbe considerato un peso, una palla al piede?
Arrivo amore mio, manca poco, aspettami ancora, come hai sempre fatto.
Un alito di vento gelido mi taglia la faccia.
No, non è ancora la morte, è solo un Dicembre freddo ed egoista.
Forse l'ultimo.

 

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1 commenti:

  • Irene Tosi il 31/08/2011 00:59
    Grazie. Mi hai regalato un brivido di fine estate!

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