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God is an Astronaut

Un giorno Dio, stufo di osservare la sua piccola creazione - un piccolo pianeta color blu che gira attorno ad una stella arancione di dimensioni medie: si esatto, solo un sistema planetario -, decise di immergersi nell'esplorazione dell'iperspazio. Non si mise né il casco né la tuta - come sarebbe di routine -, né uso - cosa ancor più incredibile! - un'astronave. O, perlomeno, non fece uso dell'equipaggiamento nel senso nostro della cosa. Piuttosto, estrinsecò dalla sua essenza immutabile l'immagine di un astronauta.
— Che buffa creatura. — Si disse, dopo averla osservata attentamente. — Appare proprio goffo ed impaurito. Ma fa niente, non deve essere niente più che la metafora visiva - e dunque anche sinestesia - dell'idea dello spirito che ha deciso di uscire al di fuori sé, ed indagare la natura esterna alla creazione.
Non so da dove iniziare, ma mi hanno sempre affascinato sia le stelle di neutroni che i buchi neri, quei grossi imbuti galattici dalla quale niente sfugge! - pensò - raffigurandosi l'immagine spaventosa di una voragine nello spazio tempo che inghiotte ogni cosa le passa accanto. - Ma il suo pensiero fu talmente intenso che fece riverberare una nebulosa lì accanto: colori fosforescenti e luci stroboscopiche esplosero come un faro nella notte. Così le onde elettromagnetiche più veloci dell'universo, sottoforma di fittissimi raggi di luce, si sparsero nel vuoto galattico circostante, viaggiando fino ai capi del cosmo -.
— Per la mia Essenza divina! — proruppe spaventato Dio, — quelle luci arriveranno sicuramente sul pianeta Terra, e la loro intensità sconvolgerà tutte le loro scienze in un sol colpo. Millenni umani di tempo per farli uscire dalla barbarie delle superstizioni... — scosse la testa - l'immagine estrinsecata di testa - visibilmente. — Mi sono curato di persona per lo sviluppo del loro sapere, e per allontanare strane follie dalle loro menti squilibrate. E ora, cosa combino — continuò — rovino tutto per il mio troppo romanticismo?

— Purtroppo esisto solamente da un istante cosmologico e mezzo. Di media, l'universo affidato ad un Dio ne dura parecchi di più, e ci si riesce ad abituare ai propri poteri solo con la pratica. In fondo — si disse — il mio scopo è questo: salvaguardare l'universo da un collasso troppo precoce, opponendomi stabilmente all'entropia. Strana storia: l'entropia è uno dei valori necessari per lo sviluppo spontaneo della vita e della sua evoluzione, ma è anche il valore che per primo determina il collasso gravitazionale. — A questo punto gli tornarono in mente le parole del Dio prima di lui, che gli aveva affidato il compito di proseguire le genesi di universi neonati, e di averne cura con tutta la propria Essenza.
— Quando un universo collassa su se stesso — gli disse Colui che venne prima di lui — non c'è più niente da fare. Né tu, né io, né gli altri prima di me sono mai riusciti a bloccarlo. Ma non è questo il problema, anche noi Dèi invecchiamo e perdiamo gradualmente buona parte dei nostri poteri. Agli albori di un universo neonato dobbiamo favorire la vita su di un piccolo pianeta a nostra scelta, e seguirne gli sviluppi e la mentalità, per poi trascriverle nel grande Libro. Purtroppo questi poteri si dissolvono con la crescita di questa civiltà, finché non rimane solo il potere di fungere da forza opposta all'entropia. Ma anche questa ultima facoltà, prima o poi cederà - di solito attorno al nono istante cosmologico.

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1 recensioni:

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  • Anonimo il 16/05/2014 17:02
    apprezzato.. complimenti.

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