Benedetto sia il giorno e il mese e l'anno,
cantava ser Francesco nel Trecento,
e io foglia da te gettata al vento
rivolgo agli occhi tuoi cotanto affanno.
Il ciel sì azzurro mai ha recato danno,
e io di contemplar te mai mi pento
seppure esprimo cara quel che sento
in malo modo come pochi fanno.
A volte non comprendo che il silenzio
con te per la mia pace è l'arma giusta
ché tanto non m'ascolti s'io ti parlo.
E io, ingenuo amante, insisto a farlo,
negandomi che possa esserti strazio:
la mia favella tuono a mo' di frusta.