Erano le prime luci di un alba all'insegna di un estate serena, sulla riva del grande lago stava in solitaria un pescatore, i primi raggi di sole si specchiavano in una danza argentea, la melodia del ribbollir dell'acqua lo cullava, il pescatore mezzo assopito sentì la canna da pesca tirare, con istintiva sveltezza comincio a manovrare il mulinello, le vene del collo pulsavano, la canna si piegava flettendosi nell'acqua.
Dopo vani tentativi finalmente intravide qualcosa... una figura argentea... grande quanto un delfino, aveva le squame da pesce ma quella forma era a lui sconosciuta, l'essere estenuato dalla battaglia persa emanando versi mai uditi prima, si lasciò andare a riva. Solo allora il pescatore riuscì a vedere l'essere... aveva baffi così lunghi che non riusciva a vederne la fine, una bocca fatta a sorriso beffardo, il naso piallato con due narici larghe e vistose, occhi grandi a mandorla, azzurri come il mare che non guardavano in nessuna direzione, due tubi piccoli e conici per orecchi, la coda contraria ad ogni logica acquatica e due pinne talmente larghe da sembrare ali d'uccello, il pescatore sentì un vento magico sfiorarlo, si chinò per togliere l'amo, l'essere era immobile come una statua, dai suoi occhi uscirono lacrime rosse, che colorarono il lago, dalla sua bocca lamenti... il pescatore tolse l'amo con delicatezza e guardandolo domandò scusa.
L'essere spiccò un balzo nell'acqua agitando quelle pinne che sembravan ali, il pescatore rimase chinato, guardava il lago nella speranza di veder quel essere che aveva pescato che aveva lasciato... abbandonato nel suo dolore... spezzò la sua canna il pescatore