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il canto di arianna
la tenebra si intrufola
tra gli archi della reggia dove tu sarai
molle fra gli allori
e senza cedimento incanterai
l’ascolto altrui
nel sonno afoso si stende la borgata
sbandando sottovento
abeti e larici avidi di mare
arc en ciel di sotterranei
brilla cristallino
e l’alba arriverà
su desideri di donna sublimi
di zolfo e di fuoco
non occorre andar lontano
nell’alito di echi e sillabari
nemmeno l’orizzonte è stato più vicino
sopra le città
ingranaggi minuziosi e rotismi antichi
nel mondo pago di notti afgane
crollano abituri
sulle macerie pesanti
del ventre dell’umana terra
la campana stanca è muta
le onde intercalate dalle note
sanno di filosofia
ferendosi a vicenda
pause e silenzi tra loro divisi
reclamando il mistero di misure senza metro
e dall’ineguale pentagramma
spicca il volo di penombra
fuori di questa sfera
il silenzio della logica
più forte degli archi di pietra è forse la voce?
la tua
intendo
non sento
non contano canti di me
sono incenso nel vuoto
eppure andrai cianciando di noi
frasi falsate di incerta fattura
ed io pure tratto di torri
e traccio parallele nel cielo
ad attrarre profeti
i ridicoli animali da macello
liquefatta è la materia
come acqua mercuriale
qui tra me e te lontano
il verbo scorre su scale azzurrate
e più in giù distesa a vela
l’ansia del gioco e dell’inganno
l’atroce balbuzie del senno
ne alternano il corso
e coriandoli morali
accavallano la notte
già breve di per se nel grande cielo attorno
ed oltre il cielo attorno
sguardi e mani avvolgenti
sul limite di eventi si muove la mia voglia
e dibatte
come coda di felino
e come il tempo elementare
essenziali
si chiudono a ventaglio le bionde estremità raccolte
poi s’alzano al cielo applausi
di ombra doppia lungo afflati
nei fatti sconosciuto
lo sguardo tuo esclude l’orizzonte
nel cielo
privo di misure
vaga famelico il pensiero
e danza il vortice e lontane assenze un tempo incombenti
rilascia
rotte incerte si perdono meste
la musica strazia ali di cera
di note a precipizio tra effimeri flutti
un canto
poi
passa
più lunga dei miei passi
e sosta
torna
insinuata tra i bagliori
e giace
abissi e ponti scavalca
e mira
sorge
dà voce all’oleandro
la tua
ma tornando a noi
che lunghi i passi
di ginocchia lente
ma insieme a noi
due notti spianate nel miele
e bocche odorose
nostalgia del ricominciare
ma di rimbalzo agisce
il rifiuto del chiaro diniego
come l’eco dannata
s’affaccia al baratro
contro ogni gravità
a mezz’aria ferma e decisa
nello spazio immota e dritta nel tempo
ed irata vagante
sarà la tua voce o la mia?
sulla pietra azzurra domestica
aleggiano odorosi sermoni
di muschi e maschi insoddisfatti
che alternando le dita vanno
senza più voglie incupisce
l’idioma venerato
e la tacita metafora
s’aggrotta imbrunita
seduto su tenui vapori
sta il canto mio notturno
ed implora forse il ritorno del tuo
accomodato su nuvole calde
nei densi incensi intorno
vorrei sentire da te questo canto
ideale manifesto del tempo
là
dove c’era l’Africa
nell’aria quieta che accarezza l’amore
dove Kronos avanza
e nella tenebra irride
la folgore di Giove dal profondo del mare incupita
nell’ampia metafora dell’alba implume
di desideri e sorrisi
nel giallo chiaro dissolta
la mano lunga oscillante sul canto di confine
autumn leaves les feuilles mortes
fluire copioso degli eventi
su di un lirismo in equilibrio
chiarore d’ansia incerta
avviluppa colonne di muffa
e la notte sorvola incoerenti confini e nazioni
giù in basso
gli stanchi sibili
ma io vivo nel cuore di Achille
il sole d’oriente e la luna dei gialli
conforme al gusto mio personale
del tardi e dell’ozioso farsi pomeriggio
unità contenuta di misura
la dialettica intrigante
sorvola città
e tu le spalle chinate rasenti la terra
fai scorrere verbi
sprazzi di luce
allargati nel buio profondo
e ignota è l’emozione
tramandata come antico dovere
e pesante come sogni bui
il silenzio astrale
soggiace al desiderio di strade divise
di sonni mai dormiti
e giacigli glaciali
e in quanto a noi?
le parole hanno dato
forti raffiche di vento segnalate a mezzogiorno
immobile
come presa dall’ultimo sole
dava uno sguardo
la liquida perla
l‘ignota sostanza lasciava un’ombra a lato raccolta
e l’impianto dei sensi dormiva
su noi mobili evasioni
forgiate di scaglie di luce
paralisi di cenni su occhi senza sguardi
il nulla esistenziale
l’anima doppia di padre concubino
giocoliere analogo di arcani
parodia del saggio e acrobata del male
inizia il cammino astrologico del sole
ma è menzogna questa
lacune e laghi della mente
simboliche bacche d’attorno
riflesse a punta dall’odore di giada
di cuore velenoso
la notte è breve di coriandoli morali
lasciati i sudori alla foschia
dall’equazione emerge l’alba
e la relativa commistione mai ferma nell’aria
sguardi e mani avvolgenti
i fatti esterni
pensieri prensili adagiati
la notte è arcuata
sparuta la gente in cammino
nicchia
e poi
indifferente riprende la corsa il sorriso
umide scale dicono pioggia
e pioggia non è
il sibilo audace è del fauno canuto
e canuta è la donna dal desiderio attratta e vinta
fuori di questa sfera il silenzio delle immortali logiche
precisa è la sera dinanzi alle mura dei secoli bui
che l’Africa dava
ed il vento parole
d’eucalipto la notte tra cielo e Gibilterra
languide risa e liquidi giorni
dall’improbabile ascolto
la dottrina ermetica dell’arte di pietra
dando segno al naufragio
del filo controverso del litigio
che ha l’intenso di rubedo
nella spirale dall’aurea sezione
e l’implume vanto
che sale a spirale
e te ridicolo fa
l’eroe d’argilla
giustiziere infantile del nulla
patricida distratto ignaro d’amore
e di donne
rimira te stesso
grondante parole
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1 recensioni:
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- apprezzata... complimenti
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