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Revenge

Jessie si svegliò e si accorse che stava sanguinando. Un rivolo cremisi scendeva dalla tempia destra fino alla guancia. Non provava dolore, era troppo stupita e stanca per badare alle ferite che le costellavano il corpo. Cosa le era successo? Non riusciva a ricordare niente. Teneva a fatica gli occhi aperti e cercava un punto di riferimento visivo nell'oscurità che la circondava. Sapeva solamente di essere seduta su un pavimento freddo e di avere le mani legate da una corda spessa e ben annodata. Chi l'aveva ridotta in quello stato?
Aveva i muscoli indolenziti dall'inoperosità forzata e dovette fare appello a tutte le sue energie residue per strisciare di qualche metro. Aveva riacquistato parzialmente la sensibilità e si rendeva conto solo adesso di avere ben più di un taglio superficiale. Avvertiva un bruciore vicino alla spalla destra e se provava a tendere il muscolo una fitta lancinante le toglieva il respiro. Di sicuro non sanguinava più copiosamente e sentiva solo un flusso discontinuo di liquido lungo il petto. Si meravigliò di non essere morta per questo, perché si rendeva conto anche nel buio in cui era immersa che le avrebbe potuto causare una emorragia letale. Continuando a trascinarsi lentamente riuscì ad individuare una parete e vi si appoggiò con la schiena e la nuca. Anche se si era spostata di poco dal punto in cui si era svegliata, era già troppo stanca per proseguire senza una piccola sosta. Prese fiato e scivolò lungo la parete fredda; quando cominciava ad essere di nuovo sfinita dallo sforzo, sbattè la testa contro una sporgenza nel muro. All'improvviso, eco che una luce al neon molto potente si accese ed invase la stanza. Jessie lanciò un gridolino di sorpresa e sbattè le palpebre per abituarsi alla nuova illuminazione. Quando fu in grado di posare lo sguardo su ciò che la circondava, scoprì di essere bloccata in un bagno pubblico.
Davanti a sé poteva vedere 3 gabinetti e alla sua destra c'erano dei lavandini con un grosso specchio sopra di essi. Vicino all'interruttore che aveva accidentalmente premuto con la testa si trovava invece la porta principale. Quando si voltò per guardarsi meglio intorno sentì ancora dolore alla spalla e decise di farsi coraggio per esaminare meglio la ferita. Era peggio di quanto avesse pensato : aveva la camicetta bianca completamente inzuppata di rosso e sangue rappreso sul collo e vicino al seno. Era stata ferita da un'arma da taglio con una lama certamente importante. Doveva assolutamente medicarsi per evitare di perdere altro sangue, e per farlo aveva bisogno di liberarsi e di cercare aiuto fuori di lì. Trascinò il proprio corpo 19 enne per qualche metro avvicinandosi all'uscita. Si ritrovò davanti a una porta a vetri semidistrutta la cui maniglia era appena sopra la sua testa. Provò a muovere le mani per liberarsi dalla stretta del nodo, ma chi l'aveva legata aveva fatto proprio un bel lavoro e rinunciò con uno sbuffo al suo proposito. Poi le venne una idea : la porta era costituita da pannelli di vetro e quello più grande si era frantumato. Poteva vedere una parte ancora attaccata agli stipiti in plastica e resina, ma molti frammenti erano sparsi a terra vicino alle gambe della ragazza. Allungò allora le gambe, strinse un coccio appuntito con i piedi nudi e con grande fatica cambiò posizione : da seduta si mise in ginocchio come un supplice davanti al suo Dio. In questo modo poteva agilmente avvicinare i polsi legati alla punta del vetro e muovendosi ritmicamente su e giù poteva tagliare la corda. La testa le pulsava e gli occhi vacillavano spesso nel vuoto, ma dubitava che questi sintomi fossero dovuti alla stanchezza o alla ferita. Si sentiva intontita e non completamente padrona del proprio corpo, e l'emicrania era terribile. Mentre continuava a tagliare, cercò di ricordare cosa le fosse accaduto. E ci riuscì. Purtroppo.

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1 commenti:

  • federico squillacioti il 19/08/2012 15:37
    ciao a tutti, sono l'autore di questo racconto. Che lo abbiate apprezzato o meno, sarei felice di avere pareri al riguardo. Grazie !

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