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Poesie di Ada Negri

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Pensiero d'Aprile

Eppure è bella, anima mia, la vita: non fosse che pei giorni in cui le foglie giocano a quale per la prima spunti sui rami; e tu le vedi, così tenere e trasparenti, che ti s'apron l'ali nel rimirarle. Come puoi del mondo tante cose sapere, e non sapere come fa la fogliuzza a tornar verde entro la scorza, ad affacciarsi, e tutta nova ridere al sol che la richiama? La strada lunga che t'importa, e l'essere strappata alla speranza che più cara ti fu, tradita da chi più fedele credesti, se goder sempre t'è dato di questa gioia? E tu la sai ben certa nel giusto tempo: ché non fu mai l'anno senza vicenda di stagioni, e mai fu senza fronda il giovinetto aprile.

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La madre

Vedova, lavorò senza riposo
per la bambina sua, per quel suo bene
unico, da lo sguardo luminoso;

per essa sopportò tutte le pene,
per darle il pan si logorò la vita,
per darle il sangue si vuotò le vene. -

La bimba crebbe, come una fiorita
di rose a maggio, come una sultana,
da la materna idolatria blandita;

e così piacque a un uom quella sovrana
beltà, che al suo desio la volle avvinta,
e sposa e amante la portò lontana!...

... Batte or la pioggia dal rovaio spinta
ai vetri de la stanza solitaria
ove la madre sta, tacita, vinta:

schiude essa i labbri, quasi in cerca d'aria;
ma pensa: "La diletta ora è felice... ".
E, bianca al par di statua funeraria,

quella sparita forma benedice.

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Piazza di San Francesco in Lodi

Se de la patria il giovanile e fresco
disio sale al mio cor come un incenso,
tutta bianca nel sole io ti ripenso,
piazza di San Francesco.

Cresce fra le tue pietre, o solitaria,
tranquilla l'erba come in cimitero.
- Sole e silenzio. _ Un passo - un tremar nero
d'ali fendenti l'aria.

Ed eran quel silenzio e quella pace
che in te bevevo a sorsi larghi e puri;
e il bacio amavo su' tuoi vecchi muri
de l'edera tenace.

L'antico tempio, presso l'ospedale,
svolgea sue linee semplici e divine.
Per due bifore in alto, snelle e fine,
rideva il ciel d'opale.

L'antico tempio avea canti e colori
d'una soavita' che ancor mi trema
dentro. - O speranze, o poesia suprema
degli anni miei migliori!...

Gravi note de l'organo, salenti
agli archi de le volte longobarde,
su l'alte mura tremolar di tarde
stelle e fluir di venti!...

Come un suggello mistico al pensiero
da voi mi venne - e forse ho sempre
amate per voi le grigie case abbandonate
ove dorme il mistero,

i muschi densi a pie' de l'erme, i quieti
cortili pieni di sole e di verde,
i portici dei chiostri ove si perde
l'anima dei poeti;

i tristi luoghi ruinanti in pace
ove sol parla il soffio de le cose,
dei sogni morti e del morte rose,
e tutto il resto tace.

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Il colloquio

Quando ti avrò raggiunto sulla sponda del fiume di luce
e tu mi chiederai che ho fatto tant'anni senza di te,
io ti risponderò: "Ho continuato il colloquio".
Tu riderai per dolcezza tutto il riso de' tuoi bianchi denti,
e cingerai le mie spalle col tuo gesto securo di despota.
E lungo i prati di viole che fioriscono solo pei morti
continueremo il colloquio.

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Nel paese di mia madre

Nel paese di mia madre v'è un campo quadrato, cinto di gelsi.
Di là da quel campo altri campi quadrati, cinti di gelsi.
Roggie scorrenti vi sono, fra alti argini, dritte, e non si sa dove vanno a finire.
La terra s'allarga a misura del cielo, e non si sa dove vada a finire.

Nel paese di mia madre v'han ponti di nebbia, che il vento solleva da placidi fiumi:
varca il sogno quei ponti di nebbia, mentre le rive si stellan di lumi.
Pioppi e betulle di tremula fronda accompagnan de l'acque il fluire:
quando nè rami s'impigliano gli astri, in quella pace vorrei morire.

Nel paese di mia madre un basso tugurio sonnecchia sul limite della risaia,
e ronzano mosche lucenti, ghiotte, intorno a un ammasso di concio.
Possanza di morte, possanza di vita, nell'odore del concio: ne gode
la terra dall'humus profondo, sotto la vampa d'agosto che immobile sta.

Nel paese di mia madre, quando il tramonto s'insaguina obliquio sui prati,
vien da presso, vien da lontano una canzone di lunga via:
la disser gli alari alle cune, gli aratri alle marre, le biche all'aie fiorite di lucciole,
vecchia canzone di gente lombarda: "La Violetta la vaaa la vaaaa... "

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