casuali passavano i giorni
e indifferenti le notti,
e tuttavia mi ricordo
ciò che vi voglio narrare,
ciò che m'avvenne in un sogno.
Di sera lasciai la città.
Cominciava a cadere la pioggia.
Sull'orizzonte lontano,
dove il cielo non più nascondendo
i pensieri e le azioni degli uomini
cadeva giù nello stagno,
rosseggiava una stria di bagliori.
Lasciai la metropoli,
e adagio scendei pel declivio
d'una via non ancora finita:
e c'era un compagno con me.
Ma pur camminando anche lui
tacque per tutta la strada.
O che io gli chiedessi il silenzio
o ch'egli fosse disposto a mestizia,
certo eravamo stranieri
e guardavamo con occhio diverso.
Vedeva il suo le carrozze
dove dandies giovani e calvi
abbracciavano donne incipriate.
E non gli erano aliene nemmeno
le fanciulle guardanti nei vetri
traverso alle gialle cortine...
Ma tutto ingrigiva, imbruniva
e faceva lo stesso la vista
del mio compagno di via -
e lo turbavano ancora altre brame,
allorquando sparì dietro a un angolo
calcandosi in testa il berretto -
e io di ciò fui davvero contento
perché al mondo che mai c'è di meglio
che perdere gli amici migliori?
Scemavano sempre i viandanti.
Mi si precipitavano incontro
soltanto cani digiuni
e soltanto massaie ubriache
urlavan da lungi fra loro -
e si vedevan sull'umido piano
torsoli, salci, betulle.
e c'era un olezzo di stagno.
La strada si fece deserta:
non c'erano più costruzioni.
Da collina a collina, sull'acqua
rugginosa e stagnante,
eran gettati dei piccoli ponti
e intorno girava un sentiero
fra le biancoverdi penombre
verso il sonno, il languore ed il sogno,
là dove in basso ed in alto,
e sul cumulo secco
e sulle rosse strie dell'occaso
l'aria celava l'attesa,
come se stesse di scolta
attendendo il germoglio
della tenera figlia
dell'onde d'etere e d'acqua.
Non per nulla era tutto tranquillo
e ricolmo d'incontri trionfali:
ché certo ancora nessuno
non aveva sentito mai dire
dai genitori def
Sta la luna sovra il prato
come un circolo incantato
scintillando, e tace.
Bianco è il prato di corolle:
scivolando l'ombra molle
si riposa e giace.
Triste è uscire sulla via:
un'arcana nostalgia
regna nella pace.
Ma domani un chiaro lume
romperà le oscure brume
come una gran face:
e tu andrai lungo il sentiero,
mentre sotto il più leggero
filo d'erba vita nasce
Là dove echeggia nelle lunghe sale
Il dolce volo delle pazze tròjke,
dove splendono i vini nei boccali,
sta per nascere adesso un ballo tondo.
Frusciando, tintinnando, biancheggiando,
volteggiano tracciando lenti cerchi.
E i violini, struggendosi e infiacchendo,
si abbandonano ai furiosi archetti.
Col braccio teso verso la caligine,
una esce fuori dal cerchio:
scelto l'amico destinato, lascia
cadere un fiore per terra.
Non raccattare quel fiore: v'è in esso
Il dolce oblío di tutti i giorni andati,
e tutta la frenetica allegria
della tua futura rovina!...
V'è tutto - il giuoco del fuoco e del fato,
solo nell'ora amara delle offese
da una lontananza irrevocabile
ne traluce un angelo accorato...
Il vento portò da lontano
l'accenno di un canto primaverile,
chissà dove, lucido e profondo
si aprì un pezzetto di cielo.
In questo azzurro smisurato,
fra barlumi della vicina primavera
piangevano burrasche invernali,
si libravano sogni stellati.
Timide, cupe e profonde
piangevano le mie corde.
Il vento portò da lontano
le sue squillanti canzoni.
I tizzoni semispenti
sono già.
Quanti fuochi il vento ha spenti
qua e là.
E le navi dentro il mare
vanno giù.
E singhiozzano sul mare
oh le gru.
So che il sole in questo mondo
più non c'è.
Son poeta o cuor profondo:
credi a me.
Io le favole che vuoi
ti dirò,
e le maschere che vuoi
mi darò.
Dove sono ombre più vane
che sian qui,
od immagini più strane
di così?
M'inginocchio sempre dove
ci sei tu,
e di mano un fior mi piove,
piove giù...
Aleksandr Aleksandrovič Blok - Poeta e drammaturgo russo. Fu il più alto rappresentante della corrente decadente-simbolista e il poeta dagli accenti più sicuri e profondi. La sua originalità e freschezza di ispirazione non risentirono affatto degli studi platonici e religiosi che caratterizzarono il movimento dello "scitismo" cui anche Blok aderì negli anni antecedenti la rivoluzione. Opere: I versi della bellissima dama (1904); La maschera di neve, Faina, Pensieri liberi (1904-1908); Drammi: La baracca dei saltinmbanchi (1906), Il re sulla piazza (1907), La sconosciuta (1908), Le rose e la croce (1912); Poemi: Gli Sciti (1915), I dodici (1918); Saggi: Gli intellettuali e la rivoluzione (1918), Diario vol. I e II (1911-1921).