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Giorni come rasoi, notte piene di ratti
pagine: 12
Quando ero molto giovane dividevo equamente il mio tempo tra
bar e biblioteche; come poi riuscissi a provvedere agli
altri miei normali bisogni resta un mistero; boh, semplicemente
non me ne preoccupavo più di tanto?"
se avevo un libro o qualcosa da bere allora non pensavo troppo
e tutto il resto?" gli scemi riescono a crearsi un paradiso
tutto loro.
Quando stavo al bar, pensavo di essere un duro, spaccavo le cose, facevo a botte
con gli altri, ecc.
Nelle biblioteche era un'altra storia: me ne stavo zitto, giravo
da una sala all'altra, i libri non li leggevo tanto per intero
ma a pezzetti: medicina, geologia, letteratura e
filosofia, psicologia, matematica, storia, e quelle cose lì mi
davano la nausea. E per la musica ero più interessato alla musica vera e propria e alle
vite dei compositori che agli aspetti tecnici...
Comunque, era con i filosofi che sentivo un senso di fratellanza:
Schopenhauer e Nietzsche e, anche se era difficile da leggere, pure il vecchio Kant;
trovavo che Santayana, che al tempo era parecchio famoso, fosse
fiacco e noioso, con Hegel invece ti dovevi fare un vero mazzo, soprattutto
se la sera prima avevi bevuto; c'è tanta gente che ho letto e che mi sono scordato,
e probabilmente non mi sono perso niente, ma mi ricordo di un tizio che ha scritto un
libro intero nel quale dimostrava che la luna non c'è
e ci riusciva così bene che alla fine tu pensavi, quest'uomo
ha assolutamente ragione, la luna non c'è.
Come poteva un ragazzo degnarsi di andare a lavorare
otto ore al giorno quando non c'era più nemmeno la luna?
Cos'altro ti
potevano togliere?
E non mi piaceva tanto la letteratura quanto piuttosto i critici
letterari; erano dei veri cazzoni, quei tizi; usavano
un linguaggio raffinato, a suo modo splendido, per dire agli altri
critici, agli scrittori, che erano dei rottinculo.
Mi rincuoravano.
ma erano i filosofi che soddisfacevano
quel bisogno
che si celava da qualche parte nella mia testa confusa: immergendomi
nei loro eccessi e nel loro
farraginoso vocabolario,
spesso mi
incantavano
saltavano fuori
con affermazioni azzardate infiammate che mi sembravano
verità assoluta o maledettamente vicine
alla verità assoluta,
e questo tipo di sicurezza era quello che cercavo per la vita
di ogni giorno, che assomigliava molto di più
a un pezzo di cartone.
Quei tizi erano dei grandi, mi hanno fatto sopportare
giorni come rasoi e notti piene di ratti; mentre le donne
tiravano sul prezzo come banditrici venute dall'Inferno.
I miei fratelli, i filosofi, loro mi parlavano come
nessun altro per strada o in giro aveva fatto mai; riempivano
un vuoto immenso.
Che bravi ragazzi, oh, davvero dei bravi
ragazzi!
Eh sì, le biblioteche sono state utili; ma nel mio altro tempio, nei
bar, era un'altra storia, più semplificata, le parole
e i comportamenti erano
diversi...
i giorni in biblioteca, le notti al bar.
Le notti erano simili,
hai qualcuno seduto vicino, e magari non è
neanche un tipo cattivo, ma a me non ispira per niente,
c'è un'orribile aria di morte lì dentro?" penso a mio padre,
ai miei professori, alle facce che stanno sulle monete e le banconote,
ai sogni popolati da assassini con occhi spenti; be',
in un modo o nell'altro io e questo tizio prendiamo a scambiarci delle occhiate,
una rabbia violenta inizia lentamente a montare: siamo nemici, cane e
gatto, prete e ateo, acqua e fuoco; la tensione cresce,
mattone su mattone, in attesa del crollo; le mani
giunte e poi sciolte, beviamo, adesso, finalmente abbiamo uno
scopo:
si gira verso di me:
"Amico, c'è qualcosa che non va?"
"Come no, sei tu".
"E ci vogliamo fare qualche cosa?"
"Sicuro".
finiamo di bere, ci alziamo, e usciamo sul retro del
bar, fuori nel vicolo; ci giriamo
e siamo uno di fronte all'altro.
io gli dico: "Tra noi due non c'è altro che questa distanza: a te
ti va di
eliminarla?"
lui mi si getta addosso e in qualche modo è soltanto una parte della parte della
parte.
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Effettua il login o registrati - dottor Colosio se Buk la sentisse catalogarlo tra i beating non credo la prenderebbe troppo bene... tutti i suoi scritti, dai romanzi, ai racconti autobiografici, a quelli surreali(per me i migliori, consiglio a tutti a sud di nessun nord) hanno dentro alchimie poetiche... lui ha rivoluzionato la stesura della poesia in maniera più netta e geniale di quanto non avessero già fatto in precedenza i vari Ginsberg e compagnia... l'america scarseggierà pure di poeti, ma il vecchio ubriacone tedesco colma il vuoto con tanta qualità... attendo oppositori su questa tesi
- Yuri non conosci la poesia di Hank... il sublime sta proprio nello stile prosastico..
- direi che andrebbe inserito tra i racconti
- Ma poeta non è un mestiere e la poesia ( almeno io) nn la vedo come una composizione che deve forzatamente incastrato in uno schema di regole metriche e lirismi astratti. Credo inoltre che l'atto poetico maggiore non risieda tanto nella capacita' (non innata ma acquisita) di fermare sensazioni sul foglio, quanto nello sforzo che si compie ad infilarsi sotto la natura stessa di tali sensazioni, poesia che diventa quindi testimonianza dell'intensita' del vero atto poetico.
- Molto interessante questo racconto... un genio della Beat generation, della letteratura anticonformista. Niente da dire. Quello che non capisco è il motivo per cui il grande Bukowski abbia inserito opere come questa tra le poesie. Io un'idea ce l'ho.. gli hanno detto che l'america non ha poeti ed allora ha cercato di rimediare. Se non nasci poeta e ti sforzi di diventarlo lascia perdere... non è il tuo mestiere.