Tutto annerò.
Brillava, in alto in alto, il cielo azzurro.
In via con me non c'eri, in lontananza, se non tu, Rio Salto.
Io non t'udiva: udivo i cantonieri tuoi,
le rane, gridar rauche l'arrivo d'acqua,
sempre acqua, a maceri e poderi.
Ricordavo.
A' miei venti anni, mal vivo,
pensai tramata anche per me la morte nel sangue.
E, solo, a notte alta, venivo per questa via,
dove tra l'ombre smorte era il nemico, forse.
Io lento lento passava, e il cuore dentro battea forte.
Ma colui non vedrebbe il mio spavento,
sebben tremassi all'improvviso svolo d'una lucciola, a un sibilo di vento:
lento lento passavo: e il cuore a volo andava avanti.
E che dunque?
Uno schianto; e su la strada rantolerei, solo... no, non solo!
Lì presso è il camposanto, con la sua fioca lampada di vita.
Accorrerebbe la mia madre in pianto.
Mi sfiorerebbe appena con le dita:
le sue lagrime, come una rugiada nell'ombra, sentirei su la ferita.
Verranno gli altri,
e me di su la strada porteranno con loro esili gridi
a medicare nella lor contrada, così soave!
dove tu sorridi eternamente
sopra il tuo giaciglio fatto di muschi e d'erbe, come i nidi!
Mentre pensavo, e già sentìa, sul ciglio del fosso, nella siepe,
oltre un filare di viti, dietro un grande olmo,
un bisbiglio truce, un lampo, uno scoppio...
ecco scoppiare e brillare, cadere, esser caduto,
dall'infinito tremolìo stellare,
un globo d'oro, che si tuffò muto nelle campagne,
come in nebbie vane, vano;
ed illuminò nel suo minuto
siepi, solchi, capanne, e le fiumane erranti al buio,
e gruppi di foreste, e bianchi ammassi di città lontane.
Gridai, rapito sopra me: Vedeste?
Ma non v'era che il cielo alto e sereno.
Non ombra d'uomo, non rumor di péste.
Cielo, e non altro: il cupo cielo, pieno di grandi stelle;
il cielo, in cui sommerso mi parve quanto mi parea terreno.
E la Terra sentii nell'Universo.
Sentii, fremendo, ch'è del cielo anch'ella.
E mi vidi quaggiù piccolo e sperso errare, tra le stelle, in una stella.