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Poesie di Jorge Luis Borges

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Elsa

Notti penose della lunga insonnia
che anelavano all'alba e la temevano,
giorni che vanamente ripetevano
gli ieri, uguali. Oggi li benedico.
Potevo mai presentire in quegli anni
di deserto d'amore che le atroci
favole della febbre e le feroci
aurore fossero solo i gradini
incerti, le vaganti gallerie
per i quali sarei giunto alla pura
vetta azzurra che nell'azzurro dura
della sera d'un giorno dei miei giorni?
Nella mia è la tua mano, Elsa. Guardiamo
lenta nell'aria la neve e la amiamo.

Cambridge, 1967 tratto da raccolta prosa poesia



[Senza titolo]

Un uomo che coltiva il suo giardino, come voleva Voltaire.
Chi è contento che sulla terra esista la musica.
Chi scopre con piacere un'etimologia.
Due impiegati che in un caffè del Sur giocano in silenzio agli scacchi.
Il ceramista che premedita un colore ed una forma.
Il tipografo che compone bene questa pagina che forse non gli piace.
Una donna e un uomo che leggono le terzine finali di un certo canto.
Chi accarezza un animale addormentato.
Chi giustifica o vuole giustificare un male che gli hanno fatto.
Chi è contento che sulla terra ci sia Stevenson.
Chi preferisce che abbiano ragionegli altri.
Tali persone, che si ignorano, stanno salvando il mondo.



Nostalgia del presente

In quel preciso momento l'uomo si disse:
che cosa non darei per la gioia
di stare al tuo fianco in Islanda
sotto il gran giorno immobile
e condividere l'adesso
come si condivide la musica
o il sapore di un frutto.
In quel preciso momento
l'uomo stava accanto a lei in Islanda.



Istanti

Se io potessi vivere un'altra volta la mia vita
nella prossima cercherei di fare più errori
non cercherei di essere tanto perfetto,
mi negherei di più,
sarei meno serio di quanto sono stato,
difatti prenderei pochissime cose sul serio.
Sarei meno igienico,
correrei più rischi,
farei più viaggi,
guarderei più tramonti,
salirei più montagne,
nuoterei più fiumi,
andrei in posti dove mai sono andato,
mangerei più gelati e meno fave,
avrei più problemi reali e meno immaginari.
Io sono stato una di quelle persone che ha vissuto sensatamente
e precisamente ogni minuto della sua vita;
certo che ho avuto momenti di gioia
ma se potessi tornare indietro cercherei di avere soltanto buoni momenti.
Nel caso non lo sappiate, di quello è fatta la vita,
solo di momenti, non ti perdere l'oggi.
Io ero uno di quelli che mai andava in nessun posto senza un termometro,
una borsa d'acqua calda, un ombrello e un paracadute;
se potessi vivere di nuovo comincerei ad andare scalzo all'inizio della primavera
e continuerei così fino alla fine dell'autunno.
Farei più giri nella carrozzella,
guarderei più albe e giocherei di più con i bambini,
se avessi un'altra volta la vita davanti.
Ma guardate, ho 85 anni e so che sto morendo.



La notte ciclica

Lo sapevano gli ardui alunni di Pitagora:
come le stelle tornano ciclicamente gli uomini;
ripeteranno gli atomi fatali l'incalzante
Afrodite dorata, i tebani, le agore.

In epoche future opprimerà il centauro
col piede solidungo il petto del lapita;
fatta polvere Roma, gemerà il minotauro
nell'infinita notte del suo palazzo fetido.

Ritornerà ogni notte d'insonnia, minuziosa.
Dal medesimo ventre rinascerà la mano
che adesso scrive. Eserciti di ferro costruiranno
l'abisso (David Hume disse la stessa
cosa).

Non so se torneremo in un secondo ciclo
come le cifre d'una frazione periodica;
ma so che un misterioso rotare pitagorico
ogni notte mi lascia in un luogo del mondo

che è di periferia. Un angolo remoto
che può trovarsi a nord, oppure a sud o a ovest,
ma ha sempre un muricciolo di un pallido celeste,
un folto fico scuro e un marciapiede rotto.





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