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Tuono dall'Inferno

Guardando in mare il più ardente tizzone,
vagando solo, con me stesso per consolazione
e meditando su me e me medesimo,
mi son reso conto della mia condizione.
Non potrei più cantar l'alba d'oro de la città
di miel fatta, ero un illuso allora: slealtà
regna in quell'inferno. Non potrei più cantare i fasti
della musa mia, son ormai cambiati i miei gusti:
la pelle sua è bianca come la spuma di una birra
bionda come il suo crine, birra versata da una smeraldina
bottiglia, smeraldina come i suoi gioielli.
La mirra dell'incenso inebria il mio gusto, e una bambina
miro lassù: una bimba candida che dorme lì, nel cielo
tra le braccia della notte accoccolata.
"Io sono il fanciullo, io sono il genio, io sono colui
che come te andò ne l'inferno p'una stagione, fui
vate, sodomita, poi pisciatore su inchiostro sprecato,
poi fui grande Poeta, poi schiavista, mutilato
e morto p'aver POESIA abbandonato. Tempo
dopo venner "poeti", un secolo dopo venisti tu, non poeta
che come Paul ubriaco e me pervertito, come lampo
ti scagliasti su ciaschedun di di color che feta
di plagio e che merita la gogna non l'elogio:
continua ad essere non poeta, se sarai poeta sarai schernito,
mentre da non poeta troverai in vita agio".
Così qualchedun tuonando mi sussurrò un dì ch'ero avvilito,
e di smetter di scriver avevo deciso, all'Inferno
voglion che scriva io i lor lai d'oltre Averno,
ma dopo di me a colui che verrà chissà cosa l'anima
mia dall'Inferno sussurrerà in rima

 

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1 recensioni:

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  • Don Pompeo Mongiello il 12/09/2013 09:54
    Apprezzata e piaciuta questa tua molto significativa.

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