Le vite più precotte
riscaldano, in un coro,
le menti omologate
di puerpere attempate.
I pargoli, a occhi chiusi,
non sognano nemmeno
l'intruglio misto a cloro
che avranno dopo il seno.
Generiche e bigotte
le lor voci, leziose
nel tessere il futuro
di spiriti reclusi:
"Un cittadin modello,
il mio sarà, e ambizioso!
Castigherà il monello;
sarà legislatore!"
la prima tuona, e un'altra:
"Il mio sarà cortese,
dell'indole più scaltra,
provetto ambasciatore!"
S'infervora una terza:
"Lontano il mio bambino
da svago e tentazione!
Sia servo del Signore!"
La quarta, in risolini:
"La mia una casalinga
mansueta e assai devota;
e quanti nipotini!"
E l'ultima borghese:
"Mio figlio sarà immune
a vana distrazione.
Un bravo professore!"
Di volontà represse
o preconfezionate
in nobile interesse
sarà il futuro vostro,
miei poveri fanciulli,
adulti del domani;
sarà dipinto, il cielo,
dagli infidi sciamani.
Un ordine apparente
infuso nell'infante,
la faccia benpensante
del ciclo di sfacelo.
Fuggite, gladiatori,
dal gioco venatorio.
Non siate portatori
di un'anima in digiuno.
Sia questa la domanda
ai freddi educatori:
"Ma l'essere qualcuno
è forse obbligatorio?"