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Il negozio dell'usato

Entrai.

Non entrai in un negozio. 

Entrai nell'eredità umana.
Sì lo ricordo quel piccolo cappellino da baseball,

sull'orlo del quale due piccole
macchie di verde

di nascosto macchinavo quel bianco

dove i miei pensieri

iniziarono a dilagare.

Ce li avevo davanti, 

lui
il piccolo bambino e il suo papà,

quelle piccole macchie
erano diventate alberi,
alberi giganti

ed erba,

erba dove ci si rotola,

erba dove si corre,

erba dove ci si butta, 

quando si è bambini.

E le grida, le risate, il sorriso

di quei due
mi stava davanti 
e
ridevo anche io
perché 
quegli sconosciuti 

erano diventati mio fratello e mio padre. 

Posai il cappello e la mia mano 
lesta

prese un ditale, 

uno di quei ditali che 
solo le nonne hanno.

In un attimo quella vecchietta, 

con quei capelli che probabilmente
erano
erano sempre stati bianchi, 

mi sorrideva,

e sulla sua sedia a dondolo

cuciva quel maglione, 

quel maglione
che infondo 
sapevo anche mio.

Posai tutto e il mio mondo si frantumò, 

ma io ero ancora felice
 e
sentivo che avevo qualcosa in più

avevo rubato dei ricordi.

è forse questo il cordone ombelicale che ci lega all'umanità?

 

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1 commenti:

  • Anonimo il 06/02/2013 16:16
    i ricordi nessuno può portarceli via e se ha la capacità di farci tornare nel cuore una persona cara, solo attraverso un profumo, un oggetto, una parola, allora queste persone sono con noi sempre! una poesia molto commovente brava! tieni con te questi ricordi! ciao

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