Lupo solitario
seduto sui suoi polpacci si acquattò per non farsi vedere dalle pallide ombre
del giorno
nella stretta gola degli zoccoli parlanti aspettava la voce di un nitrito selvaggio
Il ruscello dalle piume d'argento
non abbevera più la corsa dei bisonti
la montagna sacra è stata devastata da un occhio ciclopico
l'aquila bianca ha abbandonato ai fulmini il suo nido
I nostri grandi capi cavalcano nubi cariche di piogge
ma per il nostro popolo l'arsura è grande
i rari segnali di fumo sono dei cavalli dalle caviglie d'acciaio
il piccolo fumo non porta più pace al sacro silenzio dello sciamano
Le nostre squaw perse fra le tipiche pareti dei ricordi non intessono più coperte con raggi di luna ed i liberi profumi delle praterie servono pepsi-cola e gin fizz a curiosi affamati di scalpi
Il sole è diventato una feroce pallina dai denti d'avorio
gira sulla ruota della fortuna
da cui non puoi più
liberarti dal bianco giogo estraendo un numero fortunato
non hai più archi né frecce ma rossa polvere di civiltà nelle tasche
rimbalzando sempre in occhi dai diamanti sbagliati
che non smettano mai di danzare i nostri figli confinati da paludi e deserti
con lo spirito del vento
su tamburi lontani
senza riserva
l'autore Vincenzo Capitanucci ha riportato queste note sull'opera
Trattiamo bene la terra su cui viviamo: essa non ci è stata donata dai nostri padri, ma ci è stata prestata dai nostri figli.
Proverbio Masai