Oh! Per quale ignoto monte,
di cui non scorgo cime, timoroso vago.
Baratri sono gli impervi fianchi,
i quali non danno appigli,
e di cui non scorgo il fondo.
Eppure: parmi che già battei tal luoghi,
ma non sovvienmi il tempo, in cui lo feci.
Ora tutto è mutato, tutto mi è ignoto,
sia alla nuca, sia alla fronte,
ed il giusto andare, io vò cercando, ma invano.
Flebili chiarori, sen'escono da socchiuse porte,
che sinistre ed ostili, s'affaccian in vuote volte,
e l'una, l'altra inseguendo, in sbarrati spazi danno.
Un vocio mi giunge, ma indistinto è il provenire,
mentre ombre oscure, di cui non vedo i volti,
ma di cui note mi sono le voci,
fuggono veloci, perdendosi d'incanto.
Freddo un alitar mi sfiora accanto,
che riconosco venir dalla paura,
mentre cercando sto, la giusta via, pel mio ritorno,
ma più cercando vado, e più mi perdo.
A me d'intorno, la natura par si sia fermata,
né rumori, né d'alcuna vita segno,
soltanto massi, ruderi cadenti, impervi tratti,
viscide vie sepolte, assurde scale scavate in rocce,
tuguri umidi e grotteschi, dalfetido esalare.
Io son là, son là che cerco d'una uscita traccia,
ma più la cerco, e più lei mi caccia-