figlio del seme portato dal vento
non tollera il fiore di campo
l'esser piantato in vaso
nè all'acqua affidar
il suo gambo reciso,
nato libero, se dalla natia zolla
dove a caso fiorisce
vien diviso,
grande patimento subisce.
Lo nutre l'aria che gli passa a raso
il sole, dell'azzurro cielo il sorriso,
le stille di rugiada e il suolo
di nativo umore intriso.
Se dal suo gambo divelto,
all'ombra, al chiuso
mesto è il suo venire meno
a poco a poco, pallido, deluso,
ma stretto vitalmente al suo terreno
al suo morire è un alito confuso
nel grande profumo orgiastico del fieno.