Il vecchio stazzone
lo ricordo ancora,
aveva il suo centro
nel pozzetto dell'impastatrice,
dal suo marchingegno
partiva una lunga pertica;
quella la spingeva
un uomo forte.
Per impastare l'argilla
in una vasca scendeva
a gambe nude, mio zio
e mestava la mauta:
lui era un uomo d'argilla!
Le sue gambe sembravano
cilindri di creta
prima lucenti e fresche
piene di vita
infine diventavano terre secche
spaccate in tante piccole croste
anche se rimanevano
ancora legate alla sua pelle
a quello stazzunaru,
incollate ai suoi peli
ancora per molto.
Intanto quell'argilla
plasmata da abili mani
prendeva forme agili e utili
di brocche, di tegole, di pentole,
più tardi il fuoco
li avrebbe rese eterne.
Lo zio, affaticato
se ne stava spesso seduto
sotto i pampini
di una vecchia pergola;
era l'ora del pranzo,
da li a poco
qualcuno dei familiari
gli avrebbe portato
un piatto di minestra fumante.