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Inquietudini

Stanotte ho sentito i singhiozzi.
La città non riusciva più a trattenersi.
Non c'era nessun cambiamento apparente,
tutto era al suo posto, strade,
lampioni, solitudini, disperazioni.
Eppure la città piangeva.
Per te e per me, per l'amore, per la paura.
Allora ho cominciato a correre.
Con le lacrime agli occhi mi sono lanciato
sulle terrazze, sugli alberi, sulle nuvole
sulle stelle, volavo con le mani, con i piedi.
Non volevo, supplicavo, non volevo essere raggiunto
dall'angoscia che ansimava poco distante.
Su Saturno ho visto un'ombra sdraiata,
petto che si sollevava e si abbassava,
braccia irrigidite orizzontali, ma il corpo recitava.
Su Nettuno un'altra, le dita artigliate davanti a una maschera,
correva un'orbita, denti e mandibola senza volto.
La mia mente a ritroso nei secondi, pellicola arrotolata
e i fotogrammi nelle cellule nervose
a scosse, a scosse, a scosse.
Ho continuato la mia corsa senza fiato, il mondo nella mia testa
non si dava pace, fino alla cintura di Orione
in mezzo a stelle blu, giovani, luminose, caldissime.
Finalmente su Aldebaran mi sono fermato.
Lì ho purificato il mio animo inquieto nell'immobilità vitrea della coscienza.

 

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1 commenti     2 recensioni    

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2 recensioni:

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  • Alessandro il 15/04/2014 22:57
    La fuga dal presente immobile, dal frastuono di una città perversa. Potente e visionaria.
  • Anonimo il 13/04/2014 08:56
    Solo una <vera> coscienza, con tutte le sue meravigliose, fertili caratteristiche, può essere sempre -sempre!- per noi, rifugio, conforto, ispirazione di vita vera.

1 commenti:


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