Correvano i ramarri
in solitaria fuga
sotto il sole
di un'estate cocente,
mentre bruciavano
le mie dita, scorticate
da dispettosi rami.
Erano mani sottili di ragazzo
che a sera tornavano congiunte
negli innocenti gesti di preghiera.
Ed io sognavo quadrifogli mai trovati
e storie di giornate in allegria
sui quei declivi aspri di montagna
ove candide schioccavano lenzuola
lavate al gusto fresco di lavanda.
E mi batteva forte dentro il petto
quel cuore generoso di ragazzo
che oggi trema, ansioso,
tra pavide parole consumate
e tremolanti verbi smozzicati.
Ormai è lontano il tempo
dei venticelli freschi di campagna,
dei zefiri serali nei pioppeti,
di corse lungo gli argini dei fiumi.
Quel soffio adesso
è divenuto affanno
nell'aria greve
che riluce, a tratti,
dentro la penombra della sera.
Col tempo son scemati,
tutti assieme,
quei sogni primitivi
di fanciullo,
come girandole
di foglie rinsecchite
che il vento dell'autunno
spande a terra...