Stori da gente povera,
stori da curtil,
l'arte deferente si flette,
al caleidoscopio d'una semplicità
primitiva eppur sempre viva.
Mabilia, Teresa, Giovanni,
culla vi fu questo diario di storie anonime,
che il tempo dolcemente verga
sulla pelle di corti inviolate
dove gioie e dolori brulicanti si rincorrono,
in segmenti lucidati dai sorrisi,
che si adagiano sempiterni su strisce di cuore.
Sì, Felice Teresa,
la vita sempre fu e sarà
maschera da disegnare e animare,
con fierezza di copioni ben levigati,
che dalla dolce daga d'un palco uguale
eppur sempre diverso,
trafigger sanno dell'amor ancestrale,
di tradizioni mai davvero smarrite
chi tutto questo vide,
e chi invece non lo vide mai.
I nostar radis,
su delicati panni stesi al sole riposano,
su ricami di piccole liti
e repentine riconciliazioni,
eccola, la giostra ribollente del vivere,
su cui tutti da protagonisti montavano,
mai da pure, pallide, evanescenti comparse.
Brillate, stelle madide di allegria,
che nome han Chetta, Pinetta, Carmela,
sulla Legnano che orgogliosa fu e sarà,
tessete immortale quella tenue
ma maestosa tela,
che protegge la memoria disegnata,
di cortili, industrie tessili,
orgogliose sbuffanti ciminiere,
mentre lo sguardo si protende lontano,
ad abbracciare il monumento di Alberto da Giussano.
Grazie Provasio, Campisi, Dal Ceri,
poeti di quel mondo che mai sarà perduto,
nelle nebbie di un tentacolare oblio,
e che oggi come un tempo ci consegnate
inviolato e perfetto,
con la forza vivificante,
del più fresco, avvolgente dialetto.