Ti adoro,
calcio che sempiterno odora,
di silenzio, rabbia,
vocazione ad affermarsi,
per non autoannientarsi;
metronomo impazzito è l'anima,
tra le labbra di spogliatoi complici,
ritmato da ticchettii irregolari
di docce pronte a spogliare,
la pelle del più autentico sudore,
poi che la disfida folle ed eccitante,
i suoi occhi serra,
per conceder strada
al ristorarsi di guerrieri
talora mercenari, talaltra più fedeli.
Mai sia abraso
dalle unghie del tuo oblio,
il mio vivermi di fresco giallorosso,
adorato, anelato stadio Olimpico,
l'esistere è fatto anche,
del vibrare di porte avversarie,
ferite eppur baciate,
da inondazioni di tiri multiformi.
Forza non ebbi
di tramortire quel giorno la voce,
che invitato mi aveva,
a concedermi all'eterno sonno precoce,
ora per cuscino,
dei silenti giorni miei,
un calcio puro e davvero vissuto,
questo soltanto vorrei,
Agostino Di Bartolomei.