Brilla tra i tuoi confini più celati,
la stella a forma d'acqua del Ticino,
ch'a mente e cuori
instancabile naviglio sa condurre,
l'impronta mai banale,
del tuo essere maturo e un po'bambino.
Schizzo di amorevole disegno,
tracciato da Insubri e Narici,
vanto longobardo e franco,
fin a essere asburgica creatura,
Pavia,
fiera roccaforte risorgimentale,
mai t'appartenne nè t'apparterrà
la più esile traccia di paura.
All'arte tua
la mente e ogni cuor s'inchina,
tra palazzo Bottigella
e la pinacoteca Malaspina;
e ancor di più di respiri religiosi,
la storia t'insegnò a urlare,
chè custode ti scorgesti,
della basilica di san Michele,
ove il Barbarossa ebbe a farsi incoronare.
Ma scrigno sei
d'altro gioiello non meno sopraffino,
là tra le pareti umide ma basaltiche,
di san Giorgio in Montefalcone,
ove dormono venerate e beate
le reliquie del santo d'Ippona, Agostino.
Pavia,
onda maestosa di cultura,
mai abbastanza si decanterà,
l'orgoglio della tua università,
nel cui sen germogliarono le lezioni,
del Foscolo e del Monti,
del Golgi e del Rubbia.
E poi via a viverti passeggiando,
su quel ponte sul fiume
che storie umili ma intangibili
va instancabile narrando.
Eccoti, Pavia,
freschezza coinvolgente,
d'un'immortale liturgia.