Ariminum di robusta latinità imperlata,
dall'ancestral voce della valle del Marecchia
nobilmente carezzata,
conca di malatestiane seduzioni,
in gran fulgore si mutò il tuo esil mondo,
con le gesta di Pandolfo e Sigismondo.
Tra dita di roventi secoli ruggisce,
la tua fiera pugna per la cristianità,
poi che alla daga avversa all'arianesimo,
desti morbudia ospitalità.
E fu dalla tua pelle intrisa di lealtà,
che Gioacchino Murat a lanciar ebbe,
il proclama che Italia chiamava a unità.
Scintilla in cono di oscurità
il tempio di cui l'Alberti fu demiurgo,
di antichi Malatesta fasto,
l'anfiteatro e castel Sismondo,
gioielli da gustare nel profondo,
chiesa dei Servi e ville sfolgoranti,
e il tuo corpo avvolge con dolcezza di scialli,
la fontana dei quattro cavalli.
Corso d'Augusto si apre a immensità
ventaglio d'orgoglio della tua modernità,
Rimini sinfonia di ombrelloni,
e canto avvolgente di balere,
ricordo sei ora senza confini,
grazie al genio del tuo immortal Fellini.
Delizia cesellata dai manicaretti,
lasagne, spinaci e profumo di cappelletti,
e di vin bicchieri sulle labbra tese,
ch'attendono Trebbiano e Sangiovese.
Rimini Romagna non sol dei tempi miei,
mazurke, polke e note di Casadei,
scrigno in cui s'addensano baglior di sogni estivi,
che nei cuori palpitano come ricordi vivi.