Una figura accasciata
all'ombra di un sottoscala
dopo la lotta libera
di un corpo che rimanda a un altro corpo.
Voglio sembrarti forte
più forte
mi aggrappo a pareti
che scivolano giù,
ma io non ho unghie
io urlo e mi dispero
ma non ho più voce.
È un'anestesia autoindotta
che mi entra in circolo
e mi fa sentire solo vuoto,
tanto vuoto
come le buie sere d'inverno
senza presente.
Siamo libellule
che danzano,
e cercano di spezzarsi un'ala,
due zanzare
in cerca di sangue vivo.
Penso, ma non te lo dico:
quanti modi per farsi male
e pochi per dirsi addio.
Smettere di essere debole,
distruggere il mio io-emotivo
per non sentire più nulla.
Siamo due lucciole
in un presente spento,
viaggiamo a intermittenza.