Era tanto che non le si dedicava.
La casa le era sempre sembrata vuota,
l'apprezzava soltanto in compagnia
di parole inutili e silenzi ingombranti.
Il disordine aveva confuso la polvere
e gli oggetti la facevano da padroni,
anche il silenzio era rumore,
bisognava fare ordine per non morire.
Clelia è sempre stata distratta,
verso le sue cose troppo sciatta,
ha deprezzato cristalli di Boemia
per terracotta e chincaglieria d'epoca.
Rimuovere quel sudiciume
grasso e vischioso delle illusioni
non è un'impresa facile,
sul pavimento troppo lustro
ha terrore di cadere
perché s'è mai accorta di
non essere mai stata a sedere.
Le sedie intonse lo dimostrano
ma Clelia è stolta
e la vita le si rivolta.
Prende la casa come una bambola,
non l'è mai piaciuta come giocattolo,
la spoglia e la stupra e sembra contenta,
quanto piace a noi donne farci del male!
Abituate a pensare al plurale
ci scontriamo con il singolare
e pure se ci fa male
non impariamo a volare!