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Giovedì santo

Come un asino
caricato di tutti i miei princìpi
per riposarmi fino a un nuovo ordine
li scaricherò non visto
ad uno ad uno costeggiando una discesa
Si infiammeranno come le fascine
a mezzanotte del giovedì santo
rotolando liberamente - almeno loro -
prima di perdersi in una valle nebbiosa
spergiura della conoscenza
di un disumano sacrificio

che invece pullula di vecchie conoscenze
È lì da qualche parte a trafficare mio fratello
che mi imbarazza perché egoista meschino
anima cremata a ricavare un magazzino
dal suo ingombrante loculo interrato,
perennemente scarico, con un taccuino in mano
dove registra il suo dare e avere cautelativo
e lo ripone soltanto quando io tremo dal freddo
e con disinvoltura gli chiedo le sue ceneri
per riscaldarmi lontano dai miei fuochi

 

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1 recensioni:

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  • Antonio d'Abbieri il 18/06/2016 20:12
    Quant'è densa la tua poesia, Nicola. Le immagini ermetiche si susseguono rapide e son tutte domande. Non c'è spazio per l'inutile, ogni parola è significativa e profonda. Il confronto tra fratelli svela un dubbio esistenziale non ancora risolto. Un dubbio che spesso coglie verso i cinquanta. Mi fai tornare in mente il dubbio di Bruno Pontecorvo quando riabbracciò il fratello Gillo, magistralmente trattato nel libro "Il Grande Freddo".
    Complimenti per questo tuo lavoro che ho molto apprezzato.
    Ciao, Antonio

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