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A mio padre che ci sta lasciando

Scarnificate ossa un tempo forti,
membra esposte a cercar sollievo,
così come i bambini non han freni
tu giochi ora col tuo corpo
come si giocava da ragazzi.

Dal tuo viso affilato, scavato
traspare tutta la sofferenza
di chi è giunto alla fine del percorso,
e i tuoi occhi spenti fissano il vuoto
cercando ombre inesistenti.

Sono rimaste le tue mani a
dare il segno della vita,
le mani che agiti nell'aria e
vorrebbero aggrapparsi
a quella vita che ti sta lasciando.

Sono qui di giorno, di notte,
a spiare movimenti e ad
ascoltare i tuoi lamenti,
impotente, annientato, affranto.

Non ha senso questo soffrire
con la certezza di dover morire,
non è più vita questa vita
senza luce e senza dignità.

Vorrei tappar le orecchie
per non sentire i tuoi lamenti
e chiuder gli occhi per non
vedere il tuo corpo senza forze,
ma so che adesso sono io
a doverti sollevare, io a
dover cercare di alleviare
le tue sofferenze, anche se
non sai che quelle braccia,
quelle mani, quelle parole
sono quelle di colui che un
tempo era il tuo bambino.

Voglio ricordarti sorridente
dietro il banco del tuo bar
a preparar gelati e a far caffè
quando eri il mio gigante buono
e mi prendevi in braccio
sollevandomi da terra con la
forza della giovinezza e dell'amore.

Mi hai insegnato il valore della
semplicità con l'umiltà che
mettevi in tutto quello che facevi
e con quell'onestà che oggi non c'è più.

Vorrei che fosse già domani,
o vorrei che fosse ancora ieri,
ma non questo terribile presente.

 

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1 commenti     1 recensioni    

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1 recensioni:

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  • Rocco Michele LETTINI il 20/04/2016 08:21
    Commovente verseggio... con le parole di un cuore trafitto.
    Coraggio Vincenzo...

1 commenti:

  • bruno guidotti il 28/12/2016 17:27
    Non mi sento di commentare la tua poesia, cosi pregna di figliale dolore, se non con parola di coraggio.

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