Canta o dea di Pandicchia le imprese
che su selvagge terre le ruote calcò
e regie trazzere e aspre mulattiere
la sua trazione anteriore domò
Dalle cime innevate dei madoniti monti
lungo il Sosio scrosciante privo di ponti
dall'Etna in tempesta ai Nebrodi in festa
delle vette sicane hai conquistato la cresta
Sull'asfalto rovente per il sole cocente
fra grumi di magma incadescente
sull'acqua che incede, fra neve che avanza
la sua carrozzeria come un fulmine danza
Sui tuoi verdi sedili amici sorridenti
o gambe di ragazze dagli occhi lucenti
se potessero parlare, le tue sospensioni
narrerebbero gran parte delle mie emozioni
Quando sulla Pizzuta sali una sera di Maggio
ma presi una scaffa e spaccai il collettore
tremavano i vetri, scoppiettava il motore
e passò anche la voglia di fare l'amore
Quando per un bacio attraversammo i mari
e allegri e pimpanti arrivammo a Bari
ma incontrammo la coda davanti al casello
e rimasi tre ore a grattarmi il pisello
Quando sotto un cielo che vomitava grandine
andammo ad esplorare pizzo della Rondine
ma punta da un chiodo cominciasti a sbandare
e con la bufera la ruota dovemmo cambiare
Quando certe notti da monte pellegrino
aspettavamo il sole spuntare bambino
là a diverse donne ho baciato la pelle
non sono cambiate solo io tu e le stelle
Ora perchè pandicchia muta rimani
bagnata da pioggia e piscio di cani
più non fischiano i freni, tace il motore
ma fuma soltanto il radiatore