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A Marzia (una ragazza apparentemente dolce)

dolce, si! forse dolce,
ma di un dolce malsano
che sanguina dalla bocca.
non è proprio dolce,
forse piuttosto astuta
nelle sue celebrazioni
eucaristiche di bontà;
perché il bianco dei piedi
propina sconcezze,
così le labbra vermicolari
quando non resistono al vino.
la chiamerei Medea,
mistica e succosa
come un'albicocca,
la chiamerei Italia e Sicilia,
terra di predoni,
puttana vittimista
che ti succhia i pollici.
ma quando fa un pompino
riparte dalle origini,
ridisegna
a modo suo
i confini della terra,
violenta ma anche
stranamente mansueta,
di una dolcezza nascosta
dalla schiuma della saliva;
è un brodo il suo succhiare,
un brodo di caos ed estroversioni,
guarda la testa,
come s'agita, come trema!
è una movenza d'amore,
è una baraonda!
ma ancora non la sento proprio dolce,
vedo piuttosto i suoi nei
e le caviglie smussate,
ha fiori per caviglie
e capelli d'oro
come l'oro nelle lamine dei rubinetti,
ha reazioni strane alla gelosia,
dimentica l'amore
e impugna la borsetta
fino a sentire il sangue
scivolare negli angoli.
non dolce, ma
curiosamente impalpabile,
tutta da amare
quando sfugge dalle mani
e si mimetizza nell'aria scura,
invisibile, presente.

 

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