Pensando a Paolo Saroli, che conoscevo personalmente, a Filippo Raciti, a Gabriele Sandri e a tutti quelli che se ne sono andati in una domenica di calcio.
Infamante è quell’impulso di colpire,
di redimere la gente col timore,
di sentirsi della vita il giustiziere
considerandosi, forse per paura,
libero di poter sparare.
Era sbocciata la sua vita come un fiore,
ed urlava con quel grido di passione
in quel prato dove suda il calciatore,
a difendere la squadra e il suo campione.
Gli hai strappato quella vita in un momento,
estirpandogli quei sogni da tifoso
come le foglie se le strappa via quel vento,
lasciandogli il tempo di un riposo.
Ma anche quella voglia di spaccare è maledetta,
di distruggere le cose per protesta,
soltanto per la sete di vendetta
e con la forza, cercar di tener testa.
A che serve stare lì ad alimentare,
questa guerra tra tifosi e cellerini,
di lacrimogeni e petardi da lanciare,
cercando di non prendere i bambini.
Ma Paolo, Pippo, Gabbo e tutti gli altri
da lassù stanno a guardare,
a braccetto per le vie del paradiso,
proprio come me li voglio immaginare,
rimangono lì fermi ad aspettare
quel giorno che allo stadio troveremo
soltanto una partita da guardare,
colori, cori e tifo da ammirare,
e non di certo un’altra vita da stroncare!!