Vento che scendi dall’alto
qual dio infuriato
che tutto devasta
e piega le sue creature
e le speranze strappa,
e gelide rendi le membra,
tremare tu fai il piccolo cuore
di bimba che dentro il suo letto,
nel buio profondo, l’orecchio
tende angosciata, quando
tu scuoti le imposte mal ferme,
quasi un ladro a volerle forzare.
Brezza che spiri leggera,
e la fronte sudata ristori,
allor che stanco si posa il viandante,
tu fai ondeggiare
il tenero verde del prato,
sì come un manto leggero,
che i giovani corpi invita alle corse
e poi, quasi tremanti, a sdraiarsi.
Vento, che fuggi veloce, fermati!
Accogli il mio pianto!
Trasporta il pensier
là dove il corpo non giunge.