S'increspa il mio dispetto
tale e quale a questo mare
che in faccia mi schiaffa
la vastità, sua, invincibile
ed il buonsenso di primigeni abissi.
Potessi, candido apprendista,
comprenderne l'imperturbabile inquietudine;
giungere al midollo del suo oceanico distacco
e dal filone d'aureo abisso
estirparne ciò che basta per forgiare
una corazza d'inespugnabile difesa.
Nulla t'inquieta, istigatore di maree!
Né del tuo respiro, il flusso, muta.
Neppure gli spasimi del mondo
che al tuo orizzonte accorre
per versare le sue affannose lacrime.
Credulo della tua quiete gli occhi velo
il pensiero infiacchisco e le membra,
sulla zattera salmastra, sciolgo.
Ed è allora che ti sollevi, marrano!
in giogaie spumeggianti ed assassine.
Vertiginose rupi di cupe azzurrità
che crollano, su di me, con sapida crudeltà.