Oh! Fertilia mia dolce,
quanto manchi ai miei occhi,
che si legano al cuore e alla mente, che pulsano
di immagini ricordate,
immesse nell’album di famiglia dell’anima
Piccolo inconsapevole con intorno amore,
di nonna Pina, ero la sua “carne mia”,
di riso e baci, di sguardi miei negli sguardi suoi
di mamma, rassicurante su tutto anche sul male,
che non dovevo e non vedevo,
per farmi star meglio e bene crescere, nell’entusiasmo del futuro
di padre serio,
lontano da casa,
col dolore istriano delle care persone perse,
ferita aperta che mai guarirà, passando alla morte
Alberi di pino, con le cicale,
entrambi la cornice di gioia bambino,
col loro profumo
di estati
calde
bagnate nel sardo azzurro mare
Gli abitanti giuliani mi parlavano
non italiano
non in sardo loro sconosciuto
ma in dialetto istriano veneto,
piccolo bimbo che quello parlavo a scuola
Fertilia nata per volontà fascista
dal sudore istriano, fiumano, dalmata.
Pietra su pietra, per casa,
terra su terra, via la pietra per la terra, dà mangiare
Ecco Fertilia per i profughi, quelli andati e non rimasti
nella terra lontana che di rosso si vestiva nel sangue rubato
Fertilia dolce,
paese che ho nell’anima del ricordo,
assieme agli odori e sapori di quelli che non vedo più
ma che sento dentro me
9 luglio 2008