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Elogio della tetta
Nacqui modestamente da un anfratto ignoto
senza coscienza e cognizione alcuna
quando improvvisamente un vincolo tagliato
mi scaraventò in un mondo senza più fortuna
da un loco caldo ed assai accogliente
senza nessun dolore o sofferenza
passai d'un tratto in balia di estranea gente
mentre del mondo aveo conoscenza
un pianto ingenuo proruppe senza fiato
forse la luce o la premonizione
quel paradiso non è mai tornato
in questo mondo solo dannazione
una culletta, un letto, un seggiolino
braccia protese ad impedirmi il sonno
ma un calore sempre più vicino
mi rammentava di quel che io avea bisogno
rotondità e morbidezza assai
e di un rosato mai più avvistato
questo fu quello che poi io trovai
quando d'un tratto da donna fui abbracciato
liquido caldo a ritemprar le membra
della stanchezza che nascita comporta
quel paradiso che mente poi rimembra
in un inferno che raramente ascolta
labbra al sen con vigoroso ardore
a suggellare un patto millenario
tra madre e figlio neanche un gran dolore
potrà spezzare un vincolo primario
ma poi il tempo invase la mia vita
ed il suggello divenne più sbiadito
strappando i lembi di quella gran ferita
braccia protese al seno già perduto
un mondo ostile, un orlo insanguinato
colpiva forte passo dopo passo
e rallentando quel passo cadenzato
mi costringeva a saltarne un altro fosso
in una buca il cuore l'ho lasciato
in un cassetto un sogno già rimosso
tanti rimorsi e un animo perduto
mentre crollavo diritto come un sasso
una ricerca come fosse eterna
di un qualcosa che ancora non comprendo
sì fosse notte senza una lucerna
e l'intelletto sempre più allo sbando
ma poi un giorno una luce rischiarò
mentre passavo la metà dell'esistenza
un ancestrale ricordo poi tornò
riverberando nella mia coscienza
e d'improvviso tutto fu più chiaro
il tempo, la vita e la sua stessa essenza
in un solo colpo rimossi quel sudario
che impediva fiorir la conoscenza
un solo balzo da una scollatura
mi riportò in breve a quel candore
di quando infante bramavo la calura
che succendo alleviava il mio dolore
soave e sinuoso quel seno che si appresta
così voglioso, si mostra un po' civetta
profondo, il desiderio che poi mai si arresta
di certo tosto mi serve un'altra tetta.
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0 recensioni:
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- Ciao Paola, certo che mi ricordo, vedo che alla fine ci si ritrova sempre. Piacevole sorpresa a leggerti da queste parti e soprattutto ammirare i tuoi versi!
- ahaha, bellissimo elogio alla tetta!
Ciao Bruno, ti ricordi di me?
- questa è geniale
- Liquido caldo è il latte che si succe dalla madre, e che ci ritempra dalla fatica della nascita, momento dal quale inizia la nostra sofferenza, tanto più forte quanto più abbiamo vivo il ricordo del paradiso del grembo materno. Quindi ecco che vediamo la nostra nuova condizione come vivere in un inferno.
- Grazie.
Il sesto verso si riferisce alla condizione nel ventre materno, "senza nessun dolore o sofferenza".
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