Mi guardava
con occhioni tristi e ansiosi
mi seguiva, gli mancava
una zampetta.
Non correva, saltellava
sopportando a malapena la stanchezza.
Ma non mi abbandonava,
seguiva con affanno
quel mio passo vile.
Mi fermai, lo guardai, mi vergognai
di averlo pensato servile
(invece era orgoglioso)
e al padrone grasso
che goffo un sasso
giunto buttato aveva
con fare annoiato
chiesi “me lo dai?”
Mi guardò un po’ stupito, un po’ pensoso.
“Ma sì, prendilo pure”.
“Qual è il nome?”
“Non ha un nome. A lui non serve,
come non serve a me il suo pianto.
Nessuno può di lui aver timore
ma, se hai bisogno, te ’l vedrai accanto”.