Quel nugolo ansimante di pargoli
che boccheggia oltre le sponde del rivo,
percorso da inchini e sorrisi,
e d’ombre di croci parlanti,
Rivolgendo i suoi più tetri versi
Al triste dominio del Caso,
le bocche sgranate agli occhi
Rende,
all’umile, dal Giusto stregato.
Dioniso
teste e maestro
Di risa beffarde
sommerge
Ciò ch’ora corretto ti pare;
elimina chimere,
libera belve.
Tradisce progetti
con grida rubino.
Incanta i fanciulli,
violenta i poeti,
suggerisce sussulti
in ogn’urlo più nero.
Le caste schiere dei prigionieri,
nitide,
candide
e talora schive,
sdegnate dal profumo dell’aria,
schiene bianche
volgono
ai sibili affannati dei figli.
Son morti ormai i tempi dei padri,
i nostri li han quasi già uccisi.
Dalle ombre di quelli,
assetati,
leviamo le menti,
rompiamo i sorrisi.
Condanna o perdono
Il dio mi sorregga,
rovesci l’alloro
in capo ai prescelti
e l’arda per quelli dannati
pel stolido umano sentire.
È questa
Irriverenza
a vostro dire?