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Otto ottave

La conchiglia che non mordo più
Si chiama tu. I denti che più non son miei
Sono trasparenti. Tra il lucido e l’oriente
Viaggio solo per agenzie, per strade che non son più mie.
Che fosse malinconia un tempo avrei sognato,
Ma è passato, è antichità.
Oggi tutto si disegna a mio dispetto,
Il ritmo suona lassù, più non l’aspetto.

Ha le sue nevi aprile, i canali scolano acqua
Su albe più rigide che quelle di febbraio.
Un vetro appannato scorge gli alberi
Lontani come se li avesse fatti Friedrich.
Il piccione rompiscatole magari è morto,
Se non è quello che si lecca le piume sulle
Antenne ultime verso il cielo. Di questo
Almeno nulla dirà la televisione.

Eri mia madre e sembravi tu. Mia madre
Era e sembrava nessuno. Vuoto come
Un dolce guscio d’uovo, il mio cuore.
Dolce come un cuore vuoto il mio passato.
Eri una strega e sembravi un passero,
Il passero era vuoto e sembrava di piume.
Il malcostume invade le case,
La pornografia, mamma mia!

Vieni, ti racconto il figlio che non ho,
Il papà che non hai,
Mi racconterai. Siamo una famiglia di nessuni.
Ci seppelliranno, se non l’han già fatto,
In un camposanto, a quadretti come una tovaglia.
Ciaccona e passacaglia sarà la marciafunebre.
Ci seppeliranno senza paparazzi,
Ci diranno nessuni, rideranno da pazzi.

Alla finestra le elezioni, per le scale
Tribuna elettorale. In cucina si srotola
Il giornale, si scatena la ridda della scienza
Commerciale. In bagno l’economia,
Petrolio, dollari, dollari e petrolio per la via.
Terrorismo internazionale.
L’atomo splendido del male.
Una e-mail da lontano, da un banchiere africano.

Mi raccontavi la storia di una serpe
Nascosta in un paniere, un tipo ingrato
Di serpe, che faceva sentenziare
Il contadino : per il bene, il male.
A forza di ascoltarti volli scrivere

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