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non volevo fare il soldato

Chi dona le stelle?
Dalla persiana la luce timidamente filtra raccogliendosi nello sguardo di passante che con voce sconsolata chiede:
-<<Sei Mario>>?.
-<<Parli di Mario la prego>>
-<<Ha una gamba rotta>>.!
-<<Mi spiace>>
Concludo.
Il mio respiro disordinato, intona il ritmo di una musica sudamericana che accompagna la testa fasciata in un una discoteca dal nome... non ricordo!
Vedo i miei amici, li vedo ballare, ridere, bere e dormire, li vedo sino all'aurora che li porta in luoghi fantastici, persi sul mio viso come una lacrima.
Eccomi al presente... eccomi ad invocare acqua e cibo... eccomi con le braccia inchiodate alla flebo aspettando mia madre, stuprata nel suo intento amoroso dalla mia collera, per un dolore che ci costringe in visita obbligata.
Ricordo al paese... passavo il tempo tra le dita, filandolo nella speranza di una promessa appesa per la strada, dove ogni cento ragazzi, sessanta sono disoccupati in lunghe file, che vanno dalla notte al giorno, prede di aguzzini e truffatori.
Altri dieci crepano dilaniati tra le lamiere in un solitario ritorno, altri dieci si promettono alle logie dei furbacchioni, dove con il cervello addomesticato saltano il campo minato della società.
Tutti gli altri diventano soldati, a quel punto il luogo dei progetti e dei sogni, diviene l'oracolo della rispettabilità, del possesso e del decoro proettando l'immaggine della sicurezza in un mondo insicuro, che ritrova le proprie origini nel decoro di una divisa.
Arriva il viaggio, la visita, le prove, al fortunato segue l'accettazione, l'uniforme la paga, che ti convince di essere libero dalla piaga orrenda dell'inutilità.
Ricordo ancora... gli occhi di mia madre nel vedermi impegnato, quel suo brillar cristallino al sole si è perso nel pianto, lasciando il frammento di una fantasia complessa... troppo... per esser spiegarta.
È l'orgoglio di mio padre, partecipe nel cuore e nella carne di quella gioia, lo ha portato tanto lontano da non ritrovarsi più.
La missione di pace... togliere vecchie bombe e metterne delle nuove, ripulire la strada dal sangue di un vecchio acquaiolo mitragliato per errore, sollevare la testa ai bambini per indicargli la direzione del aereo, ricercare i colpevoli della pazzia collettiva nella ragione del cuore.
Io i colpevoli non li ho mai visti... stanno seduti sopra qualche torre che ruota intorno al mondo di chi paga con un crampo al cuore la propria esistenza.
Dopo due anni la mia missione è finita, il confine non è sano, ma e bene ugualmente, torno a casa con un dolore che lacera le carni, ed allora medici, visite, provette, feci, sangue e urine.
-<<Tutto bene dicono>>.
Sino a quando l'ospedale ti sequestra, il letto ti deprime, un cancro ti divora.
Ci sono notti che porto le mie mani alla bocca e ci soffio dentro, nella speranza che il sangue, intriso in un miscuglio che sa di morte certa, voli via... lontano... verso una speranza ancora, sino a quando la luce, che timidamente filtra dalla persiana si raccoglie nella sguardo sconsolato di un passante, che con voce soffocata mi dona una croce... non volevo fare il soldato!
<<DEDICATO AGLI INGANNATI, PARTITI EROI TORNATI AMMALATI>>

 

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5 commenti:

  • ottavio fortin il 08/03/2011 00:17
    degno di che'''??? ma dai non scherzare
  • ELISA DURANTE il 23/11/2010 08:54
    Non l'avrei postata come poesia. Di poetico ha poco. Come racconto breve invece è degno di lettura e fa riflettere.
  • Anonimo il 14/01/2009 11:27
    sempre
  • ALESSIO SANNA il 05/01/2009 11:37
    Ti ringrazio davvero tanto Vanessa, come in altre occasioni i tuoi commenti sono apprezzati perchè concepiti in maniera solida e concreta, per quanto ci concentriamo su persone che hanno meno voce di altri non riusciamo a cambiare nulla, forse di tanti in tanto, smuoviamo qualche coscienza, ma in realtà non accade nulla di nulla.
    Ne vale comunque la pena granzie ancora.

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