Eh già,
non posso proprio farne a meno.
È un po’ come sbirciare
dalla scollatura di un dio deforme
l’occhio sul mondo che da qui non si vede.
Mi basta un panino, comunque,
nuvole sottili e aromi di pollo sultano,
una spruzzata di pace.
Ancora un altro po’,
se non le spiace.
Adesso me ne sto qui, sul bordo
d’un marciapiedi caramellato,
infinito:
sorseggio acqua di vita e osservo
mandrie di dromedari albini
galoppare tra pascoli di cielo e mare.
Improvvisa giunge la domanda e
poi mi blocco seguendo le parole
e quindi l’ombra.
Attaccata alle scarpe
c’è la voce di una persona.
Ma perché, dico io,
perché sempre la solita domanda?
Vede il cartello? – indico laggiù –
Sempre dritto sulla via immortale!
Scuoto la testa mentre s’allontana,
sorseggio ancora e poi mi stendo.
Osservo sciami di nulla cosmico,
nitriti di sogni a spasso tra i fiori
di galassie rosse in primavera.
Eh già
- sorriso amaro –
la domanda è sempre la stessa.
Sempre.