Meri frutti neri dei rovi
cresciuti fra le case matte del Sole
dove mi avventuravo da bambino su gigantesche dune di sabbia con il mio secchiello
non capivo quei strani cartelli ancora presenti appena cancellati dalla salsedine del tempo
Vietate le spiagge agli ebrei (aux Juifs) e ai cani
raccogliendo dolcezze scure in pallidi timori
ne soffrivo per la dignità del mio cane
fra quei ruderi rovinosi cementati dalla guerra in ricordi
immaginavo di sentirmi inseguito da lunghe ombre guardiane di mani urlanti in paurosi scheletri morti
fra queste spine il mio goloso coraggio sacrilego di corsa correndo via
si tingeva fuggendo di fretta d’un dolce color viola sulle labbra corsare sorridenti di deliziosa resurrezione
Le onde voraci fragorosamente irritate dell’Oceano sentivo gemere in un grido affamate di distruggere quei blocchi di cemento armato scivolanti lentamente sulla china ripida d’un tempo giunto al suo termine in pietose memorie clessidra di bruciati granelli di sabbia gementi