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A Joy Johnson

Approdasti in Italia convinta d'essere nell'eden,
nella terra promessa dagli antichi dèi ormai moribondi,
(ma tu questo non potevi saperlo, gufi neri come la notte t'hanno detto che dio provvede con misericordia ai suoi figli)
piena di speranze, di voglia di ricominciare una vita migliore.
La prostituta ti facevan fare, schiava moderna di una societa che nulla da senza niente chiedere,
che per tutto ha un prezzo, che senza ritegno, pure la madre per soldi venderebbe.
Credevi di poterti riscattare e sottostavi ai voleri dei tuoi nuovi padroni, magari convinta che un giorno qualcuno t'avrebbe liberata,
senza nulla sapere del mondo in cui vivevi, senza nulla sospettare (o lo sapevi e per paura tacesti?) ti sei lasciata convincere da menti corrotte,
da menti abituate a trattare l'essere umano come fosse oggeto da usare e gettare.
Senza nessun sentimento t'hanno usata per il loro guadagno e divertimento,
poi, stanchi e sazi, t'hanno abbandonata in un campo come un cane ammalato,
e, senza prestarti la minima cura, ai loro interessi sono tornati.
E tu, la, sola e agonizzante, per paura hai taciuto, sperando, chissa? che il dio dei gufi ti avrebbe prestato soccorso.
Ma altri uomini sono arrivati, fratelli dei caini che t'hanno sfruttato, ma ormai era tardi per ridarti la vita che tanto agognavi.
Ed ora si dispera Abele del torto subito, come se la mala sorte a lui fosse toccata, e tu, di nuovo, un'altra beffa subisci,
che per i diseredati umani neanche nella morte c'è pace.

 

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