Sfilò il panno di velluto, lo coccolò sul volto;
guardò stregato come il primo amore;
l’accarezzò,
v’impose lo stupore d’averlo ritrovato.
Fece pausa, rapito come se pregasse.
La tastiera si voltò, si scosse,
senza convinzione
svegliò i tasti assopiti da tempo,
lucidi di sonno, frastornati,
d’osso e d’avorio i bianchi, d’ebano i neri,
levigati, preziosi, ma pronti a sfinirsi.
Con devozione schioccò, stese le dita,
sicure, nette, affusolate,
cinque sprazzi di sole e d’emozione.
Risuonò la stanza d’armonia,
perizia, competenza, classe sui tasti inginocchiati.
Effluvi di melodie frenate,
Violini, arpe, mandole,
echi di bronzi e mandolini,
e fu stupore e sogno.
Non ci credeva il piano,
piangeva con lui quel vecchio pianoforte
che lo strappò alla morte.
(2005)