Le poche foglie attacate al ramo
svolazzavano vicino alla mia finestra
invasori del mio spazio privato
toglievano quella poca libertà
rimasta ai raggi di un sole autunnalle
e nello specchio, riguardavo con orrore
ciò che ero diventato
uno stupido solo senza gioia.
L'erba era ricoperta di foglie
morte, dopo la grande stagione
appassite ad un destino troppo
crudele.
I giorni e le notti passavano
senza che i miei occhi
si chiudessero,
ermetici al contrario.
Lontano dalla stabilità
che un tempo speravo e avevo
conquistato.
Forse la stabilità
non la si conquista mai.
Era una lezione che dovevo imparare
una specie di regola,
capire che niente è statico
e bastano pochi secondi per
far scomparire gli imperi.
E poi degli imperi cosa rimane,
cosa può rimanere, cosa è rimasto?
Nulla.
tranne che il sogno
ed il ricordo
Quello che chiamo sogno, è il mito
La forza del mito
di qualcosa di spettacolare, magico
talmente particolare che sembra
non sia mai esistito.
Il ricordo è la cartolina del passato
lo splendore che cade a pezzi
senza lasciare che piccoli
fotogrammi, destinati anch'essi
al deterioramento.
Anche il ricordo scompare,
a causa delle continue mutazioni
dell'esistenza.
Così dovevo attraversare tutto questo
senza forza ed impegno
e con il morale sotto le scarpe...
Indovionate come è andata a finire?