Avevo sedici anni, una vita piena di sogni, di bei programmi.
Un ubriaco su di una auto mi venne addosso…
Pochi secondi e son diventati tremendi drammi.
La mia anima dal corpo si staccò,
allora, ma subito dopo precipitò,
e col corpo rimase prigioniera
di una realtà ancor più ingiusta di quant’era.
Prima che inizi l’estate
o dopo la sua dipartita
mi reco spesso lì,
lì, dove anni fa la mia vita finì.
Proprio in quel punto vi è una torre,
detta dei Normanni,
dominante una piccola baia
di un hotel divenuta la spiaggia.
Osservo i gabbiani
che, riappropriatisi di quello spazio,
fanno echeggiare il loro suono
dopo una stagione di innaturale frastuono.
Li vedo salire dal mare
diretti, superata la strada,
verso la rocciosa collina
da dove, distese le ali, paiono velina.
Rilassato, un vento lo trasporta
mentre un altro gli soffia in faccia
e lui, con la coda per timone,
mantiene la stessa direzione.
Si abbassa, verso destra declina,
il mare si avvicina,
e lui, per riprendere quota,
tre battiti d’ali e gira a semiruota.
Ricordi dolorosi e tanta tristezza
intasano il cuore di amarezza
ma quei gabbiani in volo
mi fanno sentire meno solo.
Provo una strana serenità.
risollevato dalla loro imperturbabilità;
m’immagino libero come essi
e li seguirei, se volare, non solo con la fantasia, potessi.